
EUTHALIA: ESCURSIONI SENSORIALI SULLE ALPI MARITTIME

Vicoforte (Cn). Italia.
Fuori c’è la strada statale che arriva da Mondovì, lasciandosi alle spalle le morbide colline delle Langhe e si avvia verso la Liguria attraverso le Alpi Marittime. All’interno di Euthalia , invece, si entra nel mondo di Gian Michele Galliano: un bosco da sperimentare con tutti e cinque i sensi.

A partire dal tatto, quando si poggia la mano sui tavoli, volutamente apparecchiati senza tovaglia per favorire le sensazioni tattili e che lo chef ha disegnato personalmente in castagno massello, essenza tipica dei boschi del Cuneese. Come i piatti in pietra e marmo nero dell’Ormea, che abili scalpellini locali hanno lasciato rustici e dalle forme insolite.

Una passeggiata in un bosco delle Alpi Marittime, dove lo chef è nato e dove, almeno una volta alla settimana, va a camminare, alla ricerca di quello che la natura e la stagione gli offriranno da mettere nel piatto. Non solo timo, maggiorana, salvia, origano e dragoncello, ma crescioni di ruscello e crescioni di fontana, timo serpillo dalle note leggermente piccanti, edera terrestre che cresce in orizzontale da abbinare al burro d’alpeggio, erba noce, liquirizia selvatica, issopo, achillea e varie artemisie. Non a caso questo quest’uomo sorridente, un po’ chef e un po’ homo selvaticus, sempre a caccia di funghi, licheni, cortecce, ha chiamato il suo ristorante “Euthalia”, che in greco significa “fiore che sboccia”. Come la borragine, la menta, il bucaneve, le margherite, le viole, le primule che si trovano nei cibi e nelle bevande a primavera.

Una filosofia di vita da cui escono profumi e sapori di montagna senza compromessi, senza intromissioni, in purezza. Come la Focaccia al Fieno, Lardo, Timo Serpillo, un morso di croccante morbidezza a cui partecipano anche le narici, stuzzicate dall’aroma.
Una semplicità solo apparente: lo chef, cresciuto alla corte di maestri come Bruno Barbieri, Walter Eynard, Valeria Piccini, Alfonso Caputo, Gaetano Trovato e Emmanuel Renaut, è perfettamente a suo agio nell’elaborare complessità esecutive e trasformare sapori e ricordi d’infanzia.

Come nel “Soffio” di Panino con la Frittata di Ceva; si parte da una De.Co. inconsueta, divenuta famosa dagli anni ’30 fino agli anni ’80 tra i viaggiatori che da Torino andavano in Liguria e acquistavano lo squisito panino sui carretti del bar della stazione di Ceva. Il pane è sostituito da una cialda leggera come una nuvola e una mousse soffice è l’idea gustativa di frittata. Oppure come il Bosco, che si potrebbe definire il signature dish di Galliano, dove la vista ha la sua parte con l’originale piatto di corteccia, fra funghi, lumache e “arie” di sottobosco.

Montanara anche la temerarietà, gastronomicamente parlando, che non ferma lo chef da incursioni nel quinto quarto con la Trippa di Agnello in bianco, Porri di Cervere, Salsa di Erbe e Polenta, condotta con mano sorprendentemente delicata.

Assolutamente filologica la scelta di utilizzare solo il pesce d’acqua dolce che, si sa, può essere un’arma a doppio taglio.

Difficile fare con esso un piatto memorabilmente buono, ma a Galliano riesce, con il salmerino, cotto alla perfezione, ravvivato dai gialletti e reso succulento dalla zuppa di pesce d’acqua dolce.

Tutt’intorno a questo trekking gastronomico, regna sovrana la qualità che il Piemonte di collina e di montagna sa esprimere: a partire dai Tre Burri: d’Alpeggio, Nocciola, Infuso con il Paleo Odoroso accompagnati ad un pane di segale che è un attentato alla rimanente cena, le tisane alle erbe, il sorbetto al fieno come pre-dessert.

Per dessert un Latte d’Alpeggio Gelato, Mirtilli selvatici, Nocciola e Meringa che sa di montagna, ma anche il Caramello, Cioccolato e Genziana, apoteosi piemontese.

In sala sapienti suggerimenti sui vini, con vere chicche piemontesi come un interessante metodo classico langarolo, Rocche dei Manzoni Riserva Elena o degli stra-classici che soddisfano sempre, come un Barbaresco dei Produttori del Barbaresco e il Moscato di Saracco.

Elena Bianco
elena@agendaviaggi.com