New York? “Non una semplice metropoli, ma un inno continuo alla vita e alla speranza. E come non farsi contagiare da questo?”. Piero Armenti, 35 anni, giornalista e “urban explorer”, svela ad Agenda Viaggi i suoi indirizzi segreti tra Caracas, dove ha vissuto 5 anni, e New York, “una città magica”. Ed è qui che Piero ha creato un’agenzia turistica molto speciale…
Il suo concetto di viaggio?: “Fuggire. Viaggiare è prima di tutto fuggire da un posto. E scoprirne un altro. Ma tra la fuga e la scoperta, io preferisco la fuga”.
Tutto è iniziato con un viaggio in Spagna. In tasca, una borsa di studio per l’Erasmus e…
Andai in Spagna con molti sogni, il primo tra tutti era fare lo scrittore. Sogno che ancora non muore. In realtà volevo semplicemente uscire fuori dai confini della mia città di origine. Avevo vissuto sempre a casa, in famiglia, nella stanzetta di una vita, con i poster di sempre. Desideravo affacciarmi alla finestra, vedere il resto del mondo, conoscerlo. Entrare in un nuovo universo linguistico. Il progetto Erasmus è stato un grande privilegio. Mio nonno in Spagna c’era andato, ma a fare la guerra negli anni ’30. Io ci andavo da studente, e pagato con una borsa di studio. Non è un sogno che si realizza?
Dalla Spagna a Caracas, dove hai vissuto 5 anni. Il Venezuela. Una paese dai forti contrasti. Attualmente nell’occhio del ciclone a causa del complicato rapporto con il Governo Americano. Qual è il ricordo più forte che ti ha lasciato questa terra?
Caracas è una metropoli ben nota in Italia, perché ci sono tanti emigranti che sono andati lì negli anni ’50. Quindi nonostante sia tutt’altra cosa rispetto a una città europea, è facile sentirsi a casa. Caracas è una città strana, immersa in una vallata, con un clima piacevole. Da un lato è contagiata dai ritmi caraibici e dall’altro è figlia del consumismo nordamericano. Un mix strano, a cui si aggiunge la rivoluzione socialista in atto, un’anarchia di fondo, e un gusto sincero verso la vita, la salsa e il rum. Veramente una esperienza pazzesca.
Il posto imperdibile da visitare a Caracas e un tuo indirizzo speciale.
Consiglio di andare a ballare salsa al “Manì es Asì”. Ci andavo sempre ogni giovedì.
Poi New York. Cosa (o chi) ti ha portato nella Grande Mela?
New York è una città per persone o molto ricche, o davvero disperate. E comunque, in entrambi i casi, persone che si sentono giovani. A trenta anni, finito il dottorato all’Orientale di Napoli, mi sentivo senza arte né parte. E decisi di fare quello che fanno tutte le persone smarrite. Attraversare l’Oceano e approdare sulle rive dell’Atlantico. Come un navigatore di secoli fa. Sono arrivato a New York per uno stage al Sole 24 ore. Ovviamente non retribuito.
La città dove tutti sognano di vivere. Qual è il segreto di New York?
New York è città di sogni, di ambizioni, una città magica, che non si ferma dinanzi a niente, che non smette di sedurre le nuove generazioni. E’ un inno alla libertà, all’emancipazione, alla vita, all’ottimismo. Allora il segreto di New York, la ragione per cui è ancora adesso la città in cui tutti vorrebbero vivere (non tutti forse, ma molti) è proprio in questo essere diventato altro da sé. Non una semplice metropoli, ma un inno continuo alla vita e alla speranza. E come non farsi contagiare da questo?
A New York hai fondato un’agenzia che si occupa di organizzare tour dedicati agli italiani. In cosa vi differenziate dagli altri tour operator?
Siamo un tour operator ricettivo. La verità è che gli altri tour operator italiani presenti sul mercato da molto tempo hanno perso lo smalto di un tempo, e non sono stati capaci di intercettare i nuovi tempi e i nuovi turisti. Quindi abbiamo ascoltato le lamentele dei turisti italiani, e stiamo cercando di fare le cose semplicemente meglio. E visti i feedback che riceviamo possiamo dire che ci siamo riusciti. Abbiamo inventato il primo tour delle terrazze panoramiche di New York. Ed è un vero successo! Ora iniziano a cercarci i tour operator italiani per collaborare. E ovviamente ne siamo felici.
Hai aperto anche un blog di informazioni e curiosità sulla Grande Mela: www.ilmioviaggioanewyork.com Quali sono le domande più curiose che ti arrivano dall’Italia riguardo agli States?
Gli italiani vogliono sapere come fare a vivere a New York. Sanno che non è facile, ma non perdono le speranze. Quello che io dico sempre è: ognuno trova la sua strada. Non esiste un metodo infallibile. Bisogna partire dalla propria storia personale. Capire chi siete, cosa sapete fare, da dove venite, quanto sapete mettervi in gioco. Nessuno vi regala niente. Alcuni pensano che la chiave giusta per farsi assumere è fare pietà. Ti raccontano storie strappalacrime. Hanno perso il lavoro, hanno studiato e sono disoccupati. Umanamente mi dispiace, però quando ti presenti ad un imprenditore americano o italiano negli Stati Uniti, bisogna presentarsi come una persona vincente. Perché nessuno si vuole caricare i problemi sulle spalle.
Sull’ home page del tuo blog campeggia una frase di Franz Kafka: “le prime giornate di un europeo in America posso essere paragonate alla nascita di un uomo”. Così travolgenti. Come se un prima non ci fosse mai stato. E tutto dovesse ancora avvenire. E le “tue” prime giornate in America?
Hai colto lo spirito della frase, e anche l’essenza dell’identità americana. Non esiste un’America all’infuori di questa piccola verità: si viene negli Stati Uniti per nascere di nuovo, per partire da zero, per lasciarsi indietro il passato, per rifarsi una vita, per mettersi in gioco. Le mie prime giornate negli Stati Uniti sono state avvincenti, un po’ solitarie, piene di entusiasmo ma anche di malinconia. Sono paragonabili, appunti, alla nascita di un uomo.
Ti definisci un “urban explorer”…cioè?
Esploratore urbano, sempre in cerca delle ultime tendenze della città, ma anche alla ricerca di luoghi nascosti o dimenticati.
Due indirizzi speciali di New York per il food, l’arte e l’atmosfera.
Per il food io consiglio tutti i ristoranti molto economici di Alphabet City, non voglio suggerirne qualcuno in particolare, perché sono così tanti che farei un torto agli altri. Per l’arte senza dubbio Brooklyn, la zona di Williamsburg, e infine per l’atmosfera di ricchezza, eleganza ma anche per i suoi eccessi, suggerisco il Meatpacking District.
Dove vorresti essere se non fossi a New York e perché.
Vorrei essere in Colombia, magari a Medellin dove vivono alcuni miei amici imprenditori. Mi piace anche una vita semplice, e qui a New York è impossibile averla. Ma si sa, a qualcosa bisogna pur rinunciare.
La tua vacanza ideale.
Non importa il posto, me le condizioni. E le condizioni sono che nessuno deve sapere dove sono, nessuno deve cercarmi, il telefono deve essere spento. Quando sono in vacanza vorrei essere semplicemente dimenticato.
Cosa non deve mai mancare nella tua valigia?
Bell’argomento. Può mancare tutto. L’ideale è viaggiare senza valigia, o con poche cose dentro. La valigia è un peso. Io amo scrivere, quindi ho bisogno sempre di un laptop. Lo so che non suona poetico, ma è la pura verità.
Per te viaggiare è….
Fuggire. Viaggiare è prima di tutto fuggire da un posto. E scoprirne un altro. Ma tra la fuga e la scoperta, io preferisco la fuga.
Anna C. Alemanno
anna@agendaviaggi.com