Da sempre scrivo per passione, ed è anche il mio lavoro. Per raccontare cose che andrebbero perse, per cercare il meglio dell’essere umano. Suddiviso in 4 supersteps, il viaggio alla ricerca delle mie radici borboniche è a Napoli; visitata per lavoro, stavolta è diverso: in fondo, nel quartiere Chiaia, ci sono nata.
Il periodo natalizio è forse quello in cui la città si svela con maggior forza, affascinando il visitatore con le sue storie che sorprendono e divertono, con una realtà che sembra fantasia. Scopriremo invece che quello della festa altro non è che il suo vivere quotidiano: una dimensione che ha tanto di “classico” e comincia a tavola, ai cui piaceri ci esortavano i poeti dell’antichità.
Napoli, Italia.
La tradizione napoletana per il “gusto di vivere” è nota, ma viverla in prima persona ha qualcosa di elettrizzante e contagioso: inizia a tavola, non solo per la fantasia dei cibi, ma per la quantità stessa di tempo che viene dedicato alla convivialità; poi ci si rende conto che accogliere gli ospiti da queste parti è un’arte molto antica, che riecheggia un po’ dovunque.

Sopra, La sacca di mozzarella.
Foto grande in alto, l’isola di Nisida.
Napoli
Capodanno a Napoli è propiziatorio. Oltre che tradizione di prelibatezze e fuochi d’artificio per l’allegria dell’anima e del palato.
Le numerose preparazioni di pesce non smentiscono una gastronomia locale piena di sapore quanto leggera, affidata a ingredienti di qualità. Ma la portata più insolita è la sacca di mozzarella di bufala contenente allegre mozzarelline che fanno capolino dalla crema di latte.
Seguono verdure di tutti i tipi, alcune dai nomi fantasiosi tipo l’“insalata di rinforzo” la cui funzione appare quella di sostenere i commensali nel prosieguo delle libagioni.

Grande fortuna in vetrina con i numeri giganti della Tombola.
E’ poi inevitabile un giro di sfogliatelle che da sole varrebbero un pranzo, e poi mustaccioli e roccocò (dolci di croccantezza crescente, di cui trovi indizio anche nei nomi) nonché le “ciocie”, ovvero la frutta secca e candita in quantità che ci accompagnerà a notte fonda. Insieme con la Tombola e le sue mille storie stravaganti, create al momento cucendo insieme i significati della Smorfia nascosta nei numeri sorteggiati.
Capua

Le mura che circondano l’antica città di Capua.
A una quarantina di chilometri da Napoli, nella città appena conquistata da Annibale nell’inverno fra il 216 e il 215 a.C., la pausa che qui egli si concesse è nota come “ozi di Capua”.
Ma secondo lo storico Tito Livio (59 a.C.-17 d.C.) il soggiorno fu talmente inebriante che l’esercito cartaginese, cullato dai piaceri e affascinato dalle donne del luogo, venne indebolito dalle delizie del vino e delle lenzuola al punto che non riuscì a resistere all’assedio del 211 a.C. che restituì Capua ai Romani.

Specialità dolciarie locali.
Affacciata sul fiume Volturno, che costretto nel fossato delle mura la rendeva inespugnabile, vi si accede da Porta Napoli. Si scopre che il Museo Provinciale Campano ospita la più importante collezione mondiale di “Matres Matutae” (rappresentazioni della dea romana dell’Aurora) e che la cupola della chiesa dell’Annunziata è attribuita a Domenico Fontana (1543-1607), l’architetto svizzero che lavorò per il papa Sisto V e realizzò anche la lanterna della basilica di San Pietro.

Reperti archeologici nel Museo Provinciale Campano.
Invece, dove si allenava Spartaco che guidò la rivolta dei gladiatori? Al Colosseo di Santa Maria Capua Vetere (la Capua antica) dove si svolgevano seguitissime naumachie.
Resta il fatto che i dolci locali siano un’autentica esperienza; e i vini? Naturalmente quelli “vulcanici”, i cui grappoli adornano le pendici del Vesuvio, come la tenace ginestra, di leopardiana memoria.
Posillipo

Veduta dal Parco.
La Grotta di Seiano e il Parco Archeologico di Pausilypon (“luogo che fa cessare gli affanni”) risalgono al I secolo a.C. e risultano per lo più sconosciuti ai Napoletani stessi. Si trovano nel quartiere di Bagnoli, distante circa 6 chilometri dal centro di Napoli.
Il ricco Publio Vedio Pollione, che era un pubblicano, cioè un appaltatore di imposte, amava ricevere e si era fatto costruire una villa sontuosa affacciata sul mare di Nisida. Per arrivarci però i suoi ospiti dovevano attraversare l’intera collina di Posillipo lungo una monumentale galleria scavata per 780 metri nella stratificazione del tufo vulcanico, aerata da cunicoli che giungevano all’esterno e rischiarata dalle fiaccole.

L’ingresso della Grotta di Seiano.
Gli invitati potevano contare sul cocchio del padrone di casa, mentre oggi si va a piedi, tuttavia all’uscita è la medesima meraviglia di allora: nell’anfiteatro naturale che si apre davanti, mentre gli occhi si riabituano alla luce, non è difficile immaginare la villa patrizia in tutto lo sfarzo che esibiva, con i preziosi rivestimenti marmorei e ben due teatri; talmente unica, che in seguito diventò proprietà dell’imperatore Augusto, il quale a propria volta ampliò il possedimento dalla Gaiola sottostante fino a Mergellina.

Il Parco Archeologico di Pausilypon.
Appuntamento la prossima settimana con: Napoli, Diario di Viaggio 3° SUPERSTEP
Photo Paola Biondi