
L’azienda vitivinicola Rhea e il vitigno perduto

Una bella realtà vitivinicola a conduzione familiare che ha riscoperto un vitigno autoctono ed originale.

Reano, Piemonte, Italia.
La casa vitivinicola Rhea si trova nel comune di Reano a soli 25 km da Torino, tra la Val Sangone e la bassa Val di Susa, per raggiungerla si percorre una strada in salita immersa in un bosco, fino ad arrivare in cima ad una collina coltivata a vite, dove c’è una casa che sembra quasi quella delle fate. L’azienda, giunta alla terza generazione, è a conduzione familiare ed è composta Guido Ruffino, la moglie Silvia e il figlio Davide.
Siamo sulla Strada Reale dei vini torinesi ma in un punto un po’ più nascosto, all’interno di un territorio “poggiato” sull’anfiteatro morenico di Rivoli-Giaveno, noto per funghi, miele e per la produzione casearia (Cevrin), ma anche caratterizzato un tempo dalla vite e dalla produzione vinicola che, in tempi recenti, sta conoscendo un nuovo interesse e impegno da parte di chi ancora abita questi territori.
Il nome Rhea, deriva da Rheanu, appellativo dato dai Romani, in onore di Rhea Silvia, la leggendaria madre di Romolo e Remo, all’insediamento abitativo da loro fondato, dove attualmente sorge il castello. Si trattava d’una fortificazione al cui interno vi era un Sodalicium marmorarium, cioè un collegio di marmorari che vi risiedevano allo scopo di esplorare le numerose cave di marmo presenti nelle alture vicine.
L’azienda Rhea produce quattro tipologie di vino: Autin, 100% Barbera, dal colore rosso porpora molto intenso con riflessi violacei. Al naso ha sentori di frutta fresca e di fiori con un finale speziato, mentre in bocca è persistente, corposo, con un ottima acidità che equilibra l’alcol. Si abbina a paste con ragù, carni rosse, salumi e formaggi. E’ dedicato a Guido, il proprietario dell’azienda.
Ratin, assemblaggio di uve Barbera e Freisa, con una piccola percentuale di Ciliegiolo e Bonarda. E’ di colore rosso porpora con riflessi granati, con sentori di piccoli frutti rossi e agrumi. Al palato è caratterizzato da un ottima acidità e tannicità. E’ perfetto a tutto pasto. Ratin è il soprannome con cui viene chiamato Davide, figlio di Guido e futuro enologo, a cui il vino è dedicato.
Savarey: blend di Barbera e Freisa, dal color rosso porpora con riflessi granati brillanti. Al naso è variegato e sfaccettato, con note di frutta in confettura. In bocca è ricco e rotondo, caratterizzato da un tannino elegante ed una persistenza degna di nota. Si accompagna a carni rosse e selvaggina. Il nome si riferisce ad una zona del territorio di Reano dove pare vi fosse un salvacondotto per salvare il re.
Silvy, il quarto vino è invece dedicato a Silvia, moglie di Guido. Cabernet Sauvignon in purezza, ha un bel colore rosso porpora. Al naso si presenta fruttato e con una leggera nota pepata. In bocca invece è molto morbido con una lieve tannicità. E’ ideale con salumi e formaggi, ma anche per antipasti e primi.
La casa vitivinicola Rhea è condotta dalla famiglia Ruffino in modo sostenibile nel rispetto dell’ambiente e della biodiversità: l’erba tagliata viene trasformata in concime naturale, viene utilizzato un fertilizzante organico e un impianto fotovoltaico permette all’azienda di essere autosufficiente dal punto di vista energetico.
La Rhea è anche tra i fondatori dell’“Associazione Tutela Baratuciat e Vitigni Minori”, un organismo che mira a tutelare il vitigno Baratuciat, i prodotti alimentari e le tradizioni enogastronomiche di Val Susa e Val Sangone. Il Baratuciat è un vitigno autoctono a bacca bianca della Val Susa, di cui si erano perse le tracce e che, recentemente, è stato oggetto di riscoperta. Il nome deriva dalla particolare forma dell’acino, molto allungato, che ricorda la forma degli escrementi di gatto (in dialetto locale “ciàt”). Pur essendo un vitigno radicato storicamente sul territorio, l’analisi con marcatori molecolari del DNA non ha evidenziato alcuna corrispondenza genetica con altri vitigni dell’Italia nord occidentale. Il Baratuciat, vinificato in purezza, ha profumi erbacei, di sambuco, eucalipto e mela verde, dal sapore secco, ben strutturato e risulta anche estremamente longevo. Di recente la famiglia Ruffino ha effettuato la prima vendemmia di Baratuciat che verrà presentato a marzo del 2022 con un grande evento. Non ci resta che aspettare il prossimo anno per assaggiarlo!
IL TACCUINO DI AGENDA VIAGGI
Dove dormire
La Certosa 1515
Luogo di sosta e pensiero è il sottotitolo di questa struttura ricettiva, ex convento del Cinquecento. Alla Certosa di Avigliana si dorme in cellette trasformate in confortevoli camere con bagno, arredamento essenziale con pavimenti in parquet. All’interno anche un ristorante con cucina territoriale e vini provenienti da tutta Italia.
Dove mangiare
Trattoria della Buffa
Situata nel paese di Giaveno, propone piatti tipici della cucina piemontese con qualche proposta rivisitata, abbinati naturalmente ai vini dell’azienda vitivinicola Rhea. Da assaggiare a fine pasto le diverse grappe aromatizzate, preparate in casa, che fanno bella mostra sul bancone del bar all’entrata.
Da portare a casa
Il pane di Marco Giaccone, maestro panettiere, che ha fondato a Buttigliera Alta Pane Madre, dove produce e vende prodotti di panificazione (pani speciali, focacce e dolci) realizzati, come si evince dal nome, esclusivamente con pasta madre, cereali vari e farine integrali e bio.
Cosa visitare
Precettoria Sant’Antonio di Ranverso
Situata a Rosta (To), è un’abbazia in stile Gotico che fa parte di un complesso monastico fondato nel 12° secolo dall’Ordine Ospedaliero di Sant’Antonio di Vienne. Bellissimo sia l’esterno che l’interno con un ciclo di affreschi “Imago Pietatis” di Giacomo Jaquerio che decorano abside, presbiterio e sagrestia, mentre l’altare è impreziosito dal polittico di Defendente Ferrari, commissionato in data 29 aprile 1530. Nel 1776, con Bolla Pontificia di Papa Pio VI l’Ordine Ospedaliero dei Padri Antoniani viene soppresso e i beni di Ranverso vengono trasferiti all’Ordine dei SS. Maurizio e Lazzaro.
Sacra di San Michele
E’ un’antichissima abbazia costruita tra il 983 e il 987 sulla cima del monte Pirchiriano. Lo scrittore Umberto Eco per il suo best-seller “Il nome della Rosa” si è ispirato proprio a questo luogo dedicato al culto dell’Arcangelo San Michele, difensore della fede e popolo cristiano. La Sacra di San Michele s’inserisce all’interno di una via di pellegrinaggio lunga oltre 2000 km che va da Mont Saint-Michel, in Francia, a Monte Sant’Angelo, in Puglia.