In scena alla Triennale di Milano l’ottava edizione di “FOG Triennale Milano Performing Arts”, il festival dedicato alle più coinvolgenti espressioni di teatro, danza, performance e musica.
Milano, Italia.
“La pluripremiata artista sudafricana rivisita il suo celebre assolo HATCHED, opera autobiografica del 2007 che ha inaugurato una ricerca artistica dedicata al ripensare e all’abbattere le norme e gli standard della danza classica”.
Un punto di partenza che può aiutarci a comprendere la tensione creativa che permea lo spettacolo coinvolgendo il pubblico è contenuto nell’intervista di Alx Phillips a Mamela Nyamza.
“Vengo dal mondo del balletto classico che non mi accetta come danzatrice nera”.
I corpi compaiono in scena prepotentemente liberi, antitesi della discriminazione, un’urgenza comunicativa ricca di narrativa e di voglia di attrarre il pubblico nelle tematiche teatrali.
La narrativa sudafricana carica di simboli semantici gioca in forme di danza con un frammento del Carnevale degli animali (Saint Saens): il corpo negato, giudicato, rinchiuso tra tabù e pregiudizio mostra tutta la propria carica erotica e sentimentale.

Ti porta oltre la dicotomia di genere, con la naturalità dell’infanzia. I corpi si fondono nel ritmo e nei suoni da loro stessi prodotti sorretti da una solistica voce di una M’bira, uno strumento melodico percussivo africano.
Un filo teso sopra le teste diventa confine, spazio da raggiungere, sogno di passione e nel contempo causa di tormento: il rosso prende il sopravvento, e’ il colore dell’amore, del sangue, del legame dei generi che se compreso consente la forza della coesione umana.
Lo stesso filo richiama al ruolo domestico di stendere i panni, di riportare alle funzioni quotidiane: identità, ruoli, relazioni compiti. Compare il bianco, il contrasto, l’apartheid; ma anche la sfida dell’oltre, di chi decide di modificare i ruoli prestabiliti.
Ed in quel momento, con voce di popolo consapevole del sé, i corpi rompono il confine ribaltando il setting: scendono bucando il buio della platea e ci osservano, ciascuno con la propria identità, seduttiva, indifferente, canzonatorio, curioso, arrogante, pauroso. E’ un’apoteosi a scena aperta dove l’ applauso è comprensione e condivisione.

A tratti nelle varie performance compare la musica etnica letta in chiave sia classica che moderna con interventi dal vivo vocali, corali, sonori.
A metà del diciannovesimo secolo si parlò dell’opera come la fusione delle arti dove musica, parola, danza unendosi nell’afflato espressivo potessero portarti alla sublimazione dell’estetica, l’opera d’arte totale. (Capostipite fu Wagner nel 1851 in Opera e dramma). HATCHED ENSEMBLE mi ha ricordato molto quest’idea: un pomeriggio carico di suggestioni, sentimenti e riflessioni.
Sempre va ringraziata l’arte, anche la non riuscita, quella che non ha saputo trovare il giusto canale rappresentativo essendo comunque sforzo, ricerca, passione. A maggior ragione per me è dovuto da parte mia un grazie, alla genialità di Mamela Nyamza, alla sua creatività, alla dedizione e passione ( e precisione tecnica) del corpo di ballo, alla cantante ed al percussionista: un sentito omaggio .
Grazie Pippo Biassoni
Testo e foto a cura di Pippo Biassoni