Villadeati, comune di 480 abitanti, in provincia di Alessandria, conserva il fascino delle chiese romaniche ristrutturate in stile barocco tra il Sei e il Settecento e dell’antico Castello con il suo originale Belvedere, del XIX secolo. Tutto da scoprire non appena si concluderà il periodo di lockdown. Molti pittori hanno scelto come loro dimora questo luogo, teatro di importanti fatti della Storia e terrazzo naturale sullo scenario mozzafiato delle colline del Basso Monferrato.
Villadeati (AL), Italia.
La bellezza della natura sui dolci pendii del Basso Monferrato, tra boschi, vigneti e campi di girasoli, è irresistibile. Se è vero in qualsiasi stagione lo è in particolare in autunno, primizia di colori e tempo di vendemmia e di tartufo.
Molti sono i comuni ricchi di arte e di storia del territorio. Villadeati è uno di essi, dominato dal Castello e dall’erto profilo del Bric San Lorenzo, a 468 metri. Il toponimo originario Villa, che indicava un villaggio agricolo, è stato collegato alla famiglia Deati, che deteneva i diritti signorili locali, intorno al 1300. Tuttavia i ritrovamenti preistorici presso la grotta La Balma attestano che il comune è abitato da tempi immemori. Anche in epoca romana risultano insediamenti: li documentano i ritrovamenti di ceramiche, monete del I e III secolo d.C. ed aree strutturate come il Quadrum (in dialetto Quadrùn), probabile resto di una villa romana. Successivamente Villadeati fu rifugio di popolazioni indigene latine durante le invasioni barbariche e poi sede di insediamenti di popolazioni germaniche, la cui traccia è rimasta nei toponimi con terminazione in -engo e -ingo, fittamente presenti ancora oggi. Nel Medioevo era conosciuta come Corte de Cataldeis, successivamente inserita nel territorio dei Marchesi di Mantova e del Monferrato.
Molte le suggestioni e i curiosi aneddoti che ci racconta il sindaco, il gentilissimo Angelo Ferro: “Sulla piazza della città si trova un’immagine, copia di un quadro di Giuseppe Grosso, conservato nella chiesa parrocchiale, che illustra la rappresaglia dei nazisti del 1944. La leggenda racconta che il sottosegretario del ministro della Difesa cercò di intercedere per gli ostaggi presso i nazisti, che gli dissero di dargli un nome, avrebbero salvato solo una persona; lui disse “Druetto Fortunato”, che era il suo padrone di casa: il ministro chiese in piazza chi rispondesse a quel nome e un cittadino, vedendo che Fortunato non c’era, disse di essere lui. In questo modo si salvò la vita”.
A Villadeati si trovava un’importante divisone partigiana: non a caso Gad Lerner e Alba Parietti hanno scelto questo luogo per presentare il loro libro nel luglio 2020. Tracce del passaggio dei partigiani in questi luoghi sono le scritte sui muri della città, tali e quali dal 1944, come il nome in dialetto di uno dei capi di allora o il disegno di falce e martello sotto la scritta L’Italia ha fondato col suo sangue l’Impero.
La cittadina è disseminata di chiese. “La nostra città ha iniziato ad arricchirsi quando i signori locali cominciarono a coltivare la vite americana, più resistente ai parassiti che non la vite nostrana e così iniziarono a ristrutturare e ingrandire chiese a base romanica, come una sorta di gara a chi fosse più forte – ha spiegato Ferro – Per questo tutte le chiese di Villadeati risalgono al ‘700”.
In San Remigio si conserva una bella foto in abiti militari di don Ernesto Camurati, accanto alla medaglia d’oro al valore civile conferitagli per aver offerto la sua vita nel corso della già citata rappresaglia, nella quale morirono nove capifamiglia e lo stesso Camurati: era il 9 ottobre ‘44, due giorni dopo avrebbe dovuto inaugurare la chiesa della Trinità. “Don Camurati si è lasciato uccidere – ci dice il sindaco – era in parrocchia a pregare. Aveva molte vie d’uscita. Dalla sacrestia si apre una scala profondissima con varie aperture sulla strada. Conserviamo ancora il suo breviario bucato dalle pallottole”.
Un’altra figura centrale nella storia della città fu don Tommaso Audisio, di inizio ‘800, parroco, architetto e artista: “Aveva studiato alla Sorbona di Parigi e a Roma, una rarità per quei tempi – ci racconta Ferro – Dipinse la chiesa e il seminario di Casale. Si dice abbia disegnato la pianta del Castello di Villadeati, oggi di proprietà della famiglia Feltrinelli, ispirandosi al Tempio della Fortuna Primigenia di Palestrina, vicino a Roma, come una “piccola San Pietro”, con il colonnato e la stessa visione prospettica della basilica romana. Il primo Castello risale al 1290, il secondo al 1600, prima sotto gli spagnoli e poi i francesi. Villadeati fu l’ultimo baluardo del Monferrato: Rinco era già Savoia, era già capitolata ai Francesi. Tra Villadeati e Rinco c’è il fiume, il Rio della Guardia, sul confine. Nel 1440 poi la ricerca condotta da una storica di Vercelli ha dimostrato che la badessa del Convento di Casale Monferrato, oggi sede della scuola Leardi, richiese la pietra di Villadeati per il rifacimento di colonne e capitelli del chiostro; è una pietra calcarea, originale di qui, più robusta del tufo. Sappiamo che durante una crisi della Fabbrica del Duomo di Milano 40 scalpellini si trasferirono qua, probabilmente la loro fama si diffuse. Villadeati allora apparteneva al Granducato di Mantova: gli Statuti di Villadeati infatti, conservati al Municipio, sono firmati proprio dal duca di Mantova. Inoltre al museo civico di Mantova si trovano reperti storici appartenuti a Murisengo, un comune qui vicino”.
Nella chiesa di San Remigio e Maria Assunta, l’attuale chiesa parrocchiale, con il pregevole organo e il campanile a cupola con le piastrelle, una eccezione stilistica in Monferrato, si trovano le tombe di don Camurati e di don Audisio, autore quest’ultimo del progetto della chiesa e dell’organo.
Con il sindaco visitiamo anche il Municipio dove è conservata una mappa di Villadeati del 1672. “A quei tempi Zanco e Villadeati si odiavano: negli Statuti originali del 1600 si legge che i contadini di Zanco si sono liberati dal giogo di Villadeati coltivando lo zafferano”.
Un prezioso patrimonio di aneddoti e tradizioni. Ma anche una comunità vivace e unita: “Spesso ospitiamo mostre di artisti contemporanei, più di un pittore ha scelto di vivere qua – ci spiega ancora Ferro – Inoltre un’iniziativa a me molto cara è il “BenefiCinema”, una rassegna di film sotto le stelle che facciamo d’estate, il cui ricavato va a sostegno della ricerca per la FOP e la fibrosi cicstica (di cui purtroppo soffre un ragazzo di Villadeati, ndr)”. Come in molti borghi della nostra bellissima penisola in pochi chilometri quadrati sono racchiusi secoli di storia, arte e cultura, anche culinaria. Consigliato vivamente il ristorante tipico piemontese Da Maria, a Zanco di Villadeati, per gustare squisiti piatti della tradizione e ottimi vini locali, autoctoni al 100%.
Foto Elena Borravicchio