Regali di Natale a New York, fra vecchi classici e nuove idee

Scritto da Elena Bianco on . Postato in XMAS & NEWYEAR

 Inizia il Radio City Christmas Spectacula. Dal 1933 – ph Elena Bianco

New York, Stati Uniti – E’ così da sempre: quando si pensa ad uno shopping per Natale molto glamour, viene in mente immediatamente la Grande Mela. E’ la città più vista d’America, ma è sempre nuova, e merita ben di più di un giro di compere; va guardata, respirata, vissuta, perché ad ogni visita regala qualcosa di inedito, oppure qualcosa che si era lasciato indietro la volta precedente.

Central Park con il foliage autunnale – ph Elena Bianco

Si dice che se si conserva la Metro Card, la tessera ricaricabile che si acquista ai distributori automatici per accedere alla mitica subway con 472 stazioni e 27 linee, di sicuro si torna a New York prima della scadenza (due anni). Quindi conviene acquistarla per due motivi: perché le singole corse costeranno meno (e i collegamenti fra le linee saranno gratuiti) e perché si alimenta la speranza di tornare presto.

La pista di pattinaggio del Rockefeller Center – ph Elena Bianco

New York in questo periodo dell’anno sta indossando la livrea del Natale e già di per sé è uno spettacolo per l’atmosfera che si inizia a respirare, soprattutto quando si passeggia nei luoghi più iconici, fra la Broadway e la Fifth. Il Rockefeller Center, straordinaria città nella città con i suoi edifici decò, ha già aperto la pista di pattinaggio e sta allestendo il grande albero. Impossibile in zona non fare un giro da Fao Schwarz, forse il negozio di giocattoli più famoso del mondo anche grazie ai film (“Big” con Tom Hanks, “La dea dell’amore” di Woody Allen, ecc), nato nel 1862.

La nuova sede di Fao Schwarz – ph Elena Bianco

Nella sua nuova sede ci sarà sempre il pianoforte che suona, ci saranno sempre i giocattoli per super ricchi come il tavolo da biliardo per Barbie da 25.000 dollari, ma anche una montagna di pelouche decisamente più accessibili. Imperdibili anche i balocchi natalizi di cioccolato svizzero di Teucher o, vero lusso per le papille gustative, il suo tartufo allo Champagne.

La cioccolateria Teucher, nel Rockefeller Center – ph Elena Bianco

Un po’ di calore e calorie d’altro canto non guastano per le passeggiate nell’inverno newyorkese, che non scherza. Ecco allora che i bicchieroni di caffè da asporto sembrano più che altro scaldini e lo stesso vale per gli hot dogs, oggi affiancati da giros greci, tacos messicani, samosa indiane nei soliti coloratissimi baracchini di Midtown.

Cibo indiano sulla 51° – ph Elena Bianco

A proposito: chi voglia concedersi un’altra escursione, ma in verticale per vedere New York dall’alto (ne vale la pena anche se turistica, è come una gita in gondola a Venezia), il luogo migliore è il Top of the Rock a 270 mt del General Electric Building. Ha parapetti di cristallo e l’effetto è spettacolare; molto di più rispetto al più noto Empire State Building, anche perché da qui… l’Empire si vede per intero! E si vede anche il Chrysler Building, che forse rimane sempre il più bell’edificio di New York, fra decò e neogotico (da buttare un occhio nel sontuoso atrio affrescato).

Il Chrysler Building dall’ingresso del Grand Central Terminal – ph Elena Bianco

Un’altra escursione verticale, inaugurata a marzo 2019, si fa a Chelsea, dove sta sorgendo Hudson Yards, il nuovissimo complesso nell’area accanto a un deposito ferroviario affacciato sul fiume Hudson, di fronte al New Jersey. Le gru sono in cantiere da sei anni, in quello che sarà il più grande progetto edilizio privato degli Stati Uniti, costato 15 miliardi di dollari più altri 5,6 di finanziamento pubblico.

The Vessel visto da Hudson Yards – ph Elena Bianco

Al centro di un complesso polifunzionale di 6 grattacieli e 4 edifici che ospitano un mall di lusso, negozi, ristoranti, uffici, hotels, sorge The Vessel o “Social Climber”, una struttura luccicante color rame alta 50 mt a forma di cesto, costituita da 154 scalinate, 2500 gradini e 80 postazioni per ammirare il panorama. Progettata dal designer inglese Thomas Heatherwick è accessibile gratuitamente a tutti, e, ormai è indubbio, sarà il nuovo simbolo della città del futuro; un’arrampicata fino in cima è qualcosa che toglie letteralmente il fiato, e non certo per la fatica.

La salita su The Vessel – ph Elena Bianco

Tornati con i piedi per terra si ammira The Shed, il nuovo Centro Culturale che vanta già un ricco calendario di concerti, esposizioni, manifestazioni teatrali. Ha una copertura mobile, parzialmente costruita in Italia, di triangoli bombati traslucidi che scorre su ruote, appositamente per far cambiare forma e dimensione all’edificio in base alle idee degli artisti.

The Shed dall’inizio della Highline – ph Elena Bianco

Da qui inizia la passeggiata sulla High Line, il parco che rischia di togliere il primato in fatto di notorietà a Central Park. Se nel 1856 quando progettò quest’ultimo l’architetto del paesaggio Frederick Law Olmsted aveva in mente di portare la natura rilassante in centro alla metropoli, la Highline è quanto di più metropolitano si possa immaginare nella natura: il principio alla base è mostrare il mondo vegetale che prende il sopravvento sulle creazioni dell’uomo.

Foliage sulla Highline – ph Elena Bianco

Sfrutta infatti il tracciato della vecchia ferrovia merci degli anni ’30 del West Side, in un’unica sopraelevata di 9 mt dal piano stradale, per una lunghezza di quasi 2,5 km. Quando nel 1980 la ferrovia fu dismessa venne invasa dalle erbacce, ma un comitato cittadino evitò lo smantellamento; dal 2009, a pezzi, è stata aperta al pubblico con un successo straordinario: orti urbani, piante fiorite, alberi, open art, panchine di design per ammirare dall’alto i luoghi iconici di Chelsea.

Street art sulla Highline – ph Elena Bianco

D’estate è un posto perfetto per un pic nic molto urban, d’inverno per una camminata tonificante. Arriva fino al Meatpacking District, così chiamato perché nei magazzini in mattoni rossi si confezionava la carne per tutta la città. Un tempo qui c’era lo Hogs and Heifers bar, con le bartender che ballavano in abiti succinti sul bancone e si sfilavano il reggiseno appendendolo alle pareti, che ispirò il film “Le Ragazze del Coyote Ugly”.

Una griffe a Meatpacking – ph Elena Bianco

Oggi il quartiere è diventato il fashion district più cool della Grande Mela, e invece di scalcinati locali si trovano grandi marchi sportivi e griffe del calibro di Armani in store monomarca frequentati dalla happy few newyorkese.

Meatpacking è una zona frequentata dalla comunità gay – ph Elena Bianco

Per chi invece sta a guardarsi intorno dalla Highline sembra ci sia uno sport molto particolare: lo Standard Hotel che si affaccia su di essa, è stato costruito con pareti di cristallo non riflettente, per cui si vede dentro. Sembra che per un po’ siano state incoraggiate performance a dir poco osé davanti alle vetrate, osservabili dalla passeggiata, facendo salire la popolarità dell’hotel per via degli “avvistamenti”. Lo Standard, però, non ha certo bisogno di una simile pubblicità: un drink dal suo roof top, è un’emozione ambitissima, da provare.

L’ingresso di The Standard – ph Elena Bianco

Per un pranzo chiassoso ma divertente, invece, a due passi c’è il Chelsea Market, trasformazione dell’ottocentesco biscottificio in mattoni rossi della Nabisco (quella degli Oreo e dei Ritz) in una galleria commerciale con alcuni magazzini di design e di arredo, una libreria, negozi di abbigliamento, un affollatissimo outlet, ma soprattutto tanti stands gastronomici come l’oyster e lobster bar, l’italiano, la bakery per pane e dolcetti Usa, il cinese che “tira” i noodles davanti ai clienti e fa le zuppe espresse, il sushi bar, i tacos, l’enoteca e chi più ne ha più ne metta.

Il bar che serve astici, ostriche e pesce crudo al Chelsea Market – ph Elena Bianco

Un trionfo di ghiottonerie prima di una esplorazione delle famose gallerie d’arte della zona, fra cui la Barbara Gladstone Gallery che espone le opere più chiacchierate in città e la Mary Boone Gallery, che per prima espose Jean-Michel Basquiat e Julian Shnabel. Ma soprattutto per una visita, anche breve ma d’obbligo, al Whitney Museum, per godere del magnifico edificio di Renzo Piano e dei capolavori di Rothko, Hopper, O’Keeffe.Sicuramente questo è un quartiere in fermento che sta mettendo sempre più in luce quale meraviglioso meltin pot di genti diverse, profumi, sapori, immagini, sia questa città.

Rivendita di spezie al Chelsea Market – ph Elena Bianco

Ciò non toglie che sia magnifico viverla (o riviverla) in alcuni luoghi iconici. Come una scappata alla New York Public Library, dal 1911 vigilata dai leoni di marmo “Patience” e “Fortitude”. Appare sempre sontuosa con i suoi soffitti a cassettoni, le lampade di ottone e le sedie in legno massello dove, sembra di vederla, Audrey Hepburn studiava per diventare una brava moglie brasiliana in “Colazione da Tiffany”. E’ un piacere per gli occhi e sovente si trovano interessanti retrospettive su scrittori, come l’attuale su J.D. Salinger (fino al 19 gennaio 2020).

La sala centrale della New York Public Library – ph Elena Bianco

Poco oltre, la Grand Central Station (o Terminal), è un capolavoro Beaux Arts da 100 milioni di viaggiatori all’anno con il salone in marmo di dimensioni colossali e il soffitto adorno di costellazioni. Alfred Hitchcock vi girò “Intrigo internazionale” e Brian De Palma  “Carlito’s way”, però non ci si va solo per scaldarsi e riandare ai suoi antichi fasti, ma per bere da The Campbell Apartment, già ufficio del finanziere omonimo negli anni ’20, il Prohibition Punch – a base di rum, champagne, grand marnier e frutta;  o per una birra e ostriche a The Oyster Bar, il locale più vecchio della stazione, inaugurato nel 1913. In stazione c’è anche un punto vendita Apple, senza pareti o vetrine, ma con i computer direttamente sulle balconate dell’atrio.

Il grandioso atrio del Grand Central Terminal – ph Elena Bianco

Qualora tuttavia si volesse comprare un prodotto della casa di Cupertino, non si può rinunciare alla soddisfazione di effettuare l’acquisto alla Apple Fifth Avenue, un cubo di cristallo che spicca luminoso proprio di fronte alla facciata Beaux Arts dell’hotel Plaza e che nasconde sotto il livello stradale, raggiungibile con una scintillante scala d’acciaio, un gigantesco store. Dal 2006, anno in cui Steve Jobs lo inaugurò, ha accolto 56 milioni di visitatori, serviti da 900 dipendenti che parlano più di 30 lingue per fornire un’esperienza personalizzata e una serie di forum giornalieri a grandi e bambini.

La scalinata d’acciaio di Apple Fifth Avenue – ph Elena Bianco

Potrebbe sembrare stridente vedere due edifici, la Apple e il Plaza, che si fronteggiano irriducibilmente diversi. Ma non a New York che è sempre stata luogo di forti contrasti, oggi come nel passato. Basti pensare ad altri due luoghi di inizio ‘900, due mondi lontani tra loro, eppure che convivono a pochi isolati di distanza. Uno è il “round table” dell’hotel Algonquin, dal ’19 al ’29 uno dei circoli intellettuali di più alta reputazione negli Stati Uniti. A quello che veniva definito dai partecipanti il “circolo vizioso” ci si scambiava arguzie, battute, riflessioni; lo frequentavano il critico teatrale Alexander Woolcott, la poetessa e sceneggiatrice Doroty Parker, l’attore Harpo Marx, la giornalista attivista per i diritti delle donne Ruth Hale, Harold Ross che dopo aver vinto a poker con i membri del circolo, finanziò e creò un settimanale cosmopolita e colto come The New Yorker, e molti altri, che oggi campeggiano da un quadro, sopra al tavolo rotondo che li ospitò.

Il Round Table dell’Algonquin – ph Elena Bianco

Un’emozione sedere a questa tavola rotonda (che è stata di cavalieri della cultura) per una colazione con uova e bacon o per un’insalata e una zuppa a pranzo.
A poca distanza da questo occulto cenacolo intellettuale stava crescendo negli stessi anni il cuore smagliante ed eccessivo della città, Times Square. Era un anonimo crocevia prima che l’editore del New York Times e il costruttore della metropolitana trovassero un accordo per spostare lì la sede del giornale, davanti a una nuova fermata della metro, con vantaggio economico per entrambi. Fu infatti il giornale a inaugurare la tradizione del Capodanno con la grande sfera luccicante che scende sulla piazza.

I cartelloni dei teatri di Broadway a Times Square – ph Elena Bianco

Dal primo cartellone elettrificato di inizio novecento, la piazza è diventata abbagliante. Turistica si, ma sempre da togliere il fiato fra artisti di strada, rapper e i cartelloni dei teatri di Broadway. Ogni volta che si va a New York una passeggiata serale qui è come una scarica di adrenalina.

la scalinata di Times Square – ph Elena Bianco


Abitare:
Il modo migliore per vivere la città è soggiornare in un appartamento. HomeAway, brand di Expedia, è una società specialista in affitti brevi di case per vacanza. Online su HomeAway, proprietari privati e professionisti immobiliari offrono un’ampia selezione di case vacanza che danno la possibilità di sperimentare una destinazione come un locale. Fra i benefit, più stanze a disposizione, maggior privacy, un minor costo rispetto alle sistemazioni più tradizionali come quelle alberghiere. Un esempio sono alcuni dei numerosi appartamenti a New York, per soggiornare anche con la famiglia.

Un Appartamento HomeAway a Brooklyn

Come un appartamento con sei posti letto su due piani a Brooklyn in una tipica casa in mattoni rossi, vicino a Prospect Park e alla metropolitana per Manhattan.

Un appartamento HomeAway al Greenwich Village

Per vivere invece la vita bohemièn del Greenwich Village, si può affittare un appartamento nel West Village vicino ai ristoranti, ai jazz club, ai teatri, le migliori occasione di shopping di questa zona.

Arrivare: American Airlines opera da Milano Malpensa a New York JFK a partire da EUR 415.00 (tasse e supplementi inclusi; 1 bagaglio da stiva incluso; prenotabile con almeno 14 giorni di anticipo dalla partenza; prevede ci sia un sabato notte nel periodo del soggiorno). Da EUR 639.00 (tasse e supplementi inclusi; 1 bagaglio da stiva incluso; prevede ci sia un sabato notte nel periodo del soggiorno

Elena Bianco
elena@agendaviaggi.com

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Elena Bianco

Piemontese, cresciuta a Milano e vissuta a Venezia per un tot di anni, è laureata in Filosofia e diplomata all’Accademia di Belle Arti di Brera. Giornalista dal 1991 e membro del GIST (Gruppo Italiano Stampa Turistica), scrive sulle sue vere passioni: cibo, vino, viaggi su DOVE, Style del Corriere della Sera, Food & Beverage, Confidenze ed altre ancora. Per sette anni si è dedicata alla pubblicità, come Amministratore Delegato di un’agenzia di advertising e ha lavorato come consulente per il turismo della Provincia di Venezia. Quando non scrive per i vari magazine e non naviga in rete con il suo blog (www.enogastronomiablog.it) coltiva altre passioni: il giardino della casa in campagna, le arrampicate sulle Dolomiti, la cucina per gli amici, la fotografia.