In questo nuovo viaggio vi porterò nel cuore verde della città e nei quartieri espressione del richiamo americano per popoli lontani. Un luogo dove cambiare rimanendo fedeli alla propria bandiera.
New York City (NY), Stati Uniti.

Central Park
Central Park, cuore e polmone verde di Manhattan, è forse il parco urbano più famoso al mondo. Progettato da due architetti del paesaggio, ogni anno accoglie 40 milioni di visitatori. I suoi quasi 4 km quadrati offrono un’enorme varietà di attrazioni e attività in ogni stagione. Considerato che l’area potrebbe ospitare circa 16 milioni di appartamenti newyorkesi, per evitare di perdervi – ma di non perdervi nulla – prendete come riferimento la Terrazza di Bethesda, il nucleo del parco da cui non solo godrete di una splendida vista lago, ma incontrerete anche l’Angelo delle Acque, creatura statuaria al centro della Fontana di Bethesda, una delle fontane più famose al mondo, con ai piedi i quattro cherubini che simboleggiano salute, purezza, temperanza e pace.
Intorno a voi distese di colore. Il Great Lawn è un grande prato attrezzato anche con campi per ogni tipo di sport. Durante i mesi estivi ospita concerti gratuiti, così da diventare luogo e momento ideale per stendere una coperta e organizzare un picnic a ritmo di musica. Il suo nome purtroppo è anche associato ad uno dei fatti di cronaca nera più disarmanti del XX secolo. Nel 1980 l’icona dei Beatles John Lennon fu assassinato nei pressi del suo appartamento, il Dakota Building, situato proprio di fronte a Central Park. La città non poteva non donare alla sua memoria musicale e pacifista un’opera che potesse (ri)suonare nel tempo. Si tratta dello Strawberry Fields, in riferimento alla sua canzone del 1967, un monumento costituito da un’area verde di cinque acri che include il mosaico Imagine, eternamente ricoperto di fiori e candele deposti dai visitatori, affinché il suo messaggio non possa appassire e spegnersi.

Castelli e laghi
In origine l’area era prevalentemente rocciosa, e si narra che per realizzare le quattro strade che attraversano il parco, è stato necessario far esplodere così tante rocce che è stata utilizzata più polvere da sparo di quanta ne sia stata usata nella battaglia di Gettysburg durante la guerra civile americana.
Questo “podere” urbano non poteva non prevedere un castello. Ma tranquilli, non ci sono re e regine a cui inchinarsi. Parliamo del Castello del Belvedere, ideato da Calvert Vaux, co-progettista del parco, come una stravagante struttura all’aperto e con una torre di avvistamento. Situato in cima al Vista Rock, il Belvedere riusciva perfettamente nello scopo di punto di avvistamento panoramico (nomen omen!), tanto che nel 1919 fu utilizzato come stazione meteorologica dell’Ufficio meteorologico statunitense.
Dagli anni ’60 agli ’80 fu vittima di degrado e vandalismo, fino a quando venne soccorso dalla Central Park Conservancy che lo ristrutturò e lo riaprì come centro visitatori.
Passeggiando nel labirinto fatto di sentieri, ponti, zoo e fontane, vi imbatterete in un’altra opera commemorativa. Si tratta della Riserva Jacqueline Kennedy Onassis, un bacino idrico intitolato all’ex first lady, in omaggio al suo grande impegno per la città di New York. Questo lago nel cuore della città era anche il suo luogo preferito per correre. Come biasimarla. Spesso la bellezza che abbiamo intorno fa da adrenalina per un corpo e una mente stanchi.
I memorial non si lasciano desiderare. E’ la volta del Giardino di Shakespeare. Un bellissimo giardino dove crescono alcuni dei fiori e delle piante menzionati nelle opere di William Shakespeare. C’è addirittura un gelso che si dice sia un germoglio di un albero piantato dal Bardo in persona nel 1602. Non a caso, l’area si trova vicino al teatro Delacorte, e durante lo Shakespeare in the Park da maggio ad agosto le sue rappresentazioni vengono messe in scena qui. Si tratta di una serie di spettacoli molto popolari, accogliendo anche celebrità come Al Pacino, Meryl Streep e Natalie Portman. Per rimanere in tema, i cinefili si trasformeranno in segugi eccitati che inseguono l’odore della pellicola: nel parco sono stati girati oltre i 350 film, diventando la location cinematografica più popolare di NY.

Little Italy
Agli inizi del ‘900 il sogno americano aveva fatto breccia anche in un nutrito numero di immigrati italiani. Come ogni cittadino del Belpaese che si rispetti, la comunità mise in valige di cartone speranze, tradizioni, relazioni, e il seme della propria terra. Fu così che il suolo americano divenne fertile al tricolore, facendo germogliare una nuova lingua, nuovi profumi e nuovi sapori.
Un ‘piccolo’ popolo nella ‘Grande’ Mela, insediatosi dapprima nella zona di Lower Manhattan ed oggi totalmente radicati nel triangolo che attraversa Mulberry Street tra Broome e Canal Street. Impossibile non notarlo, contraddistinto da palazzi di colore bianco, rosso e verde, negozi e ristoranti completamente carichi di immagini di Totò e Maradona, che emanano profumi di pizza, pasta e espongono una buona dose di corni beneauguranti.
Storia dell’Italia ‘americana’
Le onde migratorie italiane, attratte dallo sviluppo industriale americano del XIX secolo, inizialmente bagnarono le strade di Worth e Houston Street, allora occupate dalle tribù Lenape, i coloni olandesi. Una volta insediatisi, importarono – quasi naturalmente – lo stesso assetto geografico italiano, creando delle microzone di stampo regionale, come nel caso dei siciliani in Elizabeth Street e i genovesi in Baxter Street. Ed ecco che l’eterogeneità dei piatti locali, dei dialetti, delle famiglie macchiò di colori interi quartieri, totalmente abbagliati da questo popolo istrionico, che di sicuro, non passava inosservato.
La comunità si mise subito in mostra, invadendo le strade a suon di organo, spettacoli di marionette, e l’immancabile cibo da strada Made in Italy.
Little Italy – purtroppo o per fortuna – è stata scenografia e fonte di ispirazione di molti film passati alla storia, prima di tutti Il Padrino, per documentare quanto gli italo-americani avessero creato un vero e proprio contesto geografico, culturale e sociale parallelo, spesso però associato a dinamiche mafiose.

La “piccola” grande Italia
Little Italy non è solo pizza e mandolino. Le sue strade vigorose difendono anche tante attrazioni culturali, strettamente connesse con il sangue originale. Ne sono un esempio il Centro per l’arte moderna italiana, un museo che propone questa corrente artistica non sempre valorizzata negli Stati Uniti. E’ il caso di due grandi figure del XX secolo, il concettualista Giulio Paolini e il pittore metafisico Giorgio de Chirico.
Ovviamente non può mancare il Patrono di Napoli, colui che ogni anno fa il miracolo! (si spera). Dal 1926 nel mese di settembre anche San Gennaro sbarca a New York. In suo nome ed onore viene organizzata la Festa di San Gennaro, uno dei festival più popolari, e sicuramente più coloriti, della città.
Per undici giorni, la sua fama non coinvolge solo devoti e credenti, ma anche residenti e turisti curiosi di assistere alla celebrazione di un rapporto di sangue che ricongiunge l’uomo alla spiritualità. Un sangue che si scioglie e che ciba la speranza del riscatto. La convivenza tra il sacro e il profano nella cultura partenopea è da sempre esegesi delle contraddizioni che la contraddistinguono, elementi ben visibili nel corso delle celebrazioni, dove statue di santi convivono con venditori ambulanti, e maratone di preghiera con mangiatori di sfogliatelle.

Chinatown
Solo a New York l’Italia poteva confinare con la Cina. Ebbene sì. A pochi isolati da Little Italy si cambia nettamente registro. Qui si diffonde in tutto il suo carattere il quartiere di Chinatown. Fu qui che dal 1870 immigrati cinesi si stabilirono per sfuggire allo sfruttamento e alle persecuzioni che li affliggevano nell’America occidentale. Per ragioni di estremismo e di divario culturale, la comunità scelse di isolarsi dal resto della città.
Questa separazione in casa divenne col tempo sempre più profonda di fronte al degrado che lastricava le strade del quartiere. Fumerie d’oppio, prostituzione, lotte armate tra bande rivali, contribuirono a marchiarla come ospite non gradito. Soltanto nei primi anni del ‘900 turisti e residenti divenuti più “curiosi” verso l’esotico, cominciarono a varcare i confini della diffidenza, aprendo i propri occhi verso l’integrazione.
Per assaporare la quintessenza di Chinatown cominciate ad attraversare Canal Street, un groviglio di negozi a misura d’uomo, ristoranti con piatti di pesce fresco, bancarelle di frutta e verdura tutte da sperimentare. Dirigetevi poi verso Columbus Park, il cuore pulsante della comunità. Sì avete immaginato bene. Il parco prende il nome dal “nostro” caro esploratore, segno del passaggio dei loro vicini italo-americani.
Fu creato nel 1897 dopo la demolizione dei palazzi fatiscenti di Mulberry Bend. Da subito divenne confine di aggregazione per un popolo lontano dai propri confini natali. Ancora oggi i locali si dilettano in esibizioni musicali, attività sportive e partite di scacchi. Non potevano mancare i più tradizionalisti, dediti al Tai Chi e alla meditazione. Poco più avanti, un tempo sorgeva Five Points, la baraccopoli più famosa di New York, talmente “scenografica” da ispirare il film “Gangs of New York”.
Rumore e silenzio
Fate un angolo di 90 gradi verso Doyers Steets, si dice progettata con tale angolazione per evitare che gli spiriti maligni, dediti a percorsi rettilinei, potessero fermarsi lì. Qui troverete diverse testimonianze del turbinio quotidiano vissuto dagli abitanti in epoche passate, come il Chinase Theatre, che, oltre a rappresentazioni teatrali, ai piani alti offriva stanze minimal per dormire a buon mercato.
Il chiasso dell’operosità che da sempre contrasta con un approccio immersivo e meditativo, rispecchia perfettamente questo angolo di quartiere. Sotto l’edificio si estende un affascinante residuo della vecchia Chinatown: un tunnel che conduce alla Bowery Steet. Collegato alla Doyers Distillery del XVIII secolo, si dice che i Tong, società segreta sino-americana, a volte usassero questo tunnel per eludere la polizia. In effetti qui c’erano così tante battaglie violente e omicidi che questa strada conquistò il nome di “Bloody Angle“.
Oggi, paradossalmente, nel tunnel si possono trovare uffici legali e delle forze dell’ordine, ma anche studi per l’agopuntura, la scienza medica cinese e la metafisica dei maestri del Feng Shui. Noterete una folta presenza di barbieri lungo la strada, residui dell’epoca in cui Chinatown era una “Bachelor Society“, ovvero una società di scapoli. Le leggi infatti proibivano agli immigrati di portare le loro mogli e i loro figli dalla Cina.

Una pausa spirituale
Verso la fine della Bowery, si trova il Tempio Buddista Mahayana, un’oasi di pace e riflessione in mezzo a strade caotiche in cui non c’è tempo di e per pensare. Al suo interno le pareti sono rivestite da strisce di carta con preghiere e nomi dei defunti, insieme a offerte di fiori, frutta e incenso. Un’umile e dimessa richiesta per celebrare una vita ricca e consapevole. In fondo alla stanza siede un enorme Buddha dorato vicino a una campana del tempio. Questo è un luogo di culto attivo, vissuto da locali e seguaci, uno spazio da rispettare senza intromissioni, simbolo di orgogliosa appartenenza, su cui bisognerebbe meditare.
Appuntamento alla prossima settimana con: New York City. Diario di viaggio in cinque racconti. 5° racconto
Photo Carmen Marinacci




