
Alla scoperta di Verzimo, il piccolo borgo che sta tornado a nuova vita

A un paio di chilometri dal Sacro Monte di Varallo (Patrimonio Unesco), il piccolo borgo di Verzimo, dal latino ‘”viridium”, poi verzura, ed infine Verzimo, vi riporta nella storia e la sua profonda relazione con la natura e l’ambiente.

Verzimo (VC), Italia.
Per salire a Verzimo é bene percorrere l’antica mulattiera che da Varallo porta al Sacro Monte: da lì conviene passare per cammminare nella storia della più piccola e romita fra le frazioni di Varallo.
In quel cantiere secolare che portò alla costruzione del più antico fra i sacri monti piemontesi e lombardi furono in molti a lavorare, convenendo dalle valli e dal piano.
Evocando e parafrasando la poesia di Brecht “Tebe dalle sette porte chi la costrui’?” potremmo dire del Sacro monte “ chi fu a strascicare quei blocchi di pietra?” Molti verzimesi é la risposta.
Lì vi lavorarono e da lì, probabilmente, intrapresero il cammino del migrante fin dal ‘500 per giungere fino a Roma, al seguito di qualche artista passato dal cantiere del Monte e ripartito verso nuove committenze nella città pontificia in pieno fervore rinascimentale.
Dalla “città eterna” i devoti verzimesi, che vi fecero qualche fortuna, seppero trarre quanto bastava a fare grande e bella la chiesa del loro paese d’origine
Chi entrerà nella chiesa dedicata a Sant’Anna vedrà campeggiare ovunque la scritta “benefattori di Roma” fino al solenne cartiglio posto alla sommità dell’arco del presbiterio che reca il motto orgoglioso: “Pio aere benefactorum Romae et solicito opere populi verzimi”: con quel denaro e con il lavoro di operosi abitanti si è fatto tutto ciò che vedete.
Ed ecco l’altare ligneo di Bartolomeo Ravelli del 1635, massimo fra gli scultori dell’epoca; le decorazioni di Antonio Orgiazzi del primo ‘700, caposcuola dello stile rocoò in Valsesia; il reliquiario della Madre di Maria in argento dorato che reca la data 1713, opera di oreficeria romana; la tela coeva con San Domenico, la Vergine e Sante. Tante altre opere purtroppo non si salvarono da incursioni furtive nel tempi del triste e lungo abbandono del paese.
Alcuni preziosi manufatti furono posti in salvo in luoghi sicuri ed oggi possiamo ancora ammirare una coppia di angeli torciferi ad ali spiegate che adornano l’altare maggiore della Collegiata di San Gaudenzio in Varallo provenienti dalla chiesa verzimese.
Chi sale dal Sacro Monte giunge dapprima, al culmine della salita più erta, alla cappella detta “Bun port” che ha all’interno un affresco con l’immagine di Maria “Salus populi romani”, a conferma dei legami locali con la lontana capitale.

Il piccolo villaggio sta tornado a nuova vita…
Scendendo poi verso la conca solatia che racchiude il piccolo villaggio, proprio al suo ingresso si costeggerà lo stagno destinato alla macerazione della canapa, conservato a memoria della fruttifera campagna che diede il nome al paese: il verde orto di Varallo, dal latino ‘”viridium”, poi verzura, ed infine Verzimo.
Il paesello era un tempo al centro di vasti pianori coltivati a frumento, patate, ortaggi con alberi da frutta e vigneti. Dai raccolti si aveva quanto bastava ad una modesta economia di sussistenza, dopo che i frutti stessi ed anche il vino venivano portati al mercato di Varallo. Seguì poi l’abbandono del paese negli anni ’50 del Novecento fino ad essere totalmente disabitato. I boschi cedui avanzarono coprendo i terreni non più coltivati. Oggi sta tornando a nuova vita, molte case sono state restaurate da nuovi abitanti che vi trovano un luogo di quiete ed una vivificante relazione con la natura e l’ambiente.
Chi scrive è uno dei 6 residenti permanenti, cui si aggiungono una ventina di frequentatori periodici in corso d’anno. Tutti siamo felicemente “verzimesi”.
Norberto Iulini
Foto Carlo Ingegno