
“VENTRONE: NATURA MORTA PITTURA VIVA” IN MOSTRA A VENEZIA

Foto piccola in alto, “Leggerezza”.
Luciano Ventrone, a torto poco noto fuori dai circuiti degli addetti ai lavori dell’arte, viene celebrato in questa mostra a Venezia a due anni dalla sua scomparsa: oltre trenta opere straordinarie, che la prima impressione di un osservatore distratto può scambiare per fotografie, ma che invece rivelano l’incredibile abilità tecnica di un artista dallo sconfinato talento.

Venezia, Italia.
Talmente realistiche da sembrare fotografie. Talmente belle da sembrare di poterle toccare. Talmente perfette da sembrare finte. Tutte queste impressioni sono suscitate dalle nature morte dipinte da Luciano Ventrone (1942-2021). Ognuna di queste opere, realizzate a olio su tecnica mista su tela di lino, è capace di lasciare l’osservatore interdetto quanto affascinato: com’è possibile che i chicchi di melograno siano così succosi e la buccia degli agrumi così porosa e imperfetta? E la polpa dell’anguria, con quella consistenza acquosa che sembra di sentire tra le dita solo guardandone l’immagine? E le rose delle composizioni floreali, in attesa di essere prelevate e messe a centro tavola? E la frutta secca nel suo cesto, in attesa che un ospite afferri una noce già sgusciata? Impossibile, deve essere una fotografia. Invece no. Olio, acquerello, acrilico su tela e uno sconfinato talento, nient’altro. Un’attenta, minuziosa, quasi maniacale osservazione dal vero e da fotografia, ma riproduzione totalmente manuale.
La pittura di Ventrone è stata definita in molti modi: iperrealistica, metafisica, più vera del vero, una continua scoperta ottica. Quest’ultima è una definizione a portata di tutti: ogni persona potrebbe passare un tempo interminabile davanti a un singolo quadro per rintracciare ogni sfumatura, ogni imperfezione della frutta (ma non dell’esecuzione), ogni ombra, ogni riflesso, ogni fibra di una buccia d’agrume o scheggia di guscio di arachide. E, nel farlo, riconoscere esattamente ciò che vede quando spreme un’arancia o mangia una nocciola.
Inevitabili i confronti con altri artisti che si sono cimentati con le nature morte. Lo storico dell’arte Federico Zeni ha definito Ventrone “il Caravaggio del XX secolo”, memore di quelle composizioni accurate, brillanti e barocche. Senza andare così indietro nel tempo, il curatore Luca Beatrice si concentra sul confronto con l’altro grande maestro della natura morta del Novecento: Giorgio Morandi. Ma se quelle di Morandi sono nature morte minimaliste, esili, dai toni tenui, queste invece sono estrose, virtuosistiche, brillanti e vivaci. Ventrone stesso si definiva “un astrattista alle prese con la realtà”, “un metafisico costretto a misurarsi con la caducità della natura”. Forse è proprio in queste parole che si può cercare un significato più profondo alla precisione della sua pittura: una lotta contro la morte, contro la decomposizione di ciò che era vivo ma non lo è più, come la frutta tolta dalla sua pianta e portata in tavola. La natura è morta, ma la pittura è vivissima.
La mostra
Le belle sale del mezzanino di Palazzo Pisani Revedin accolgono 35 tele dell’artista romano. Quasi tutte sono nature morte su un fondo neutro: nero, bianco, al massimo un tenue grigio. Cesti di vimini, vasi di marmo, ciotole di legno o composizioni poggiate su un piano con frutta fresca o secca, integra o spezzata, sbucciata o intonsa. E foglie, per dare equilibrio alla disposizione. Frutta, mai ortaggi, se non in un’unica tela con qualche testa d’aglio. Oppure vasi di fiori, composizioni di rose che sfidano la fissità della tela con petali più o meno aperti, qualcuno quasi appassito che vorrebbe cadere ma non può.
Solo tre opere, distribuite in altrettante sale, sfuggono a questo tema dominante. Ventrone, infatti, ha riprodotto anche altri soggetti: qui sono presenti Alice, un nudo di donna mostrato di schiena e due marine. Queste ultime rappresentano una battigia bagnata dalla risacca e un tratto di mare mosso, con onde che schiumano e spruzzano nel movimento. L’effetto è impressionante: la sensazione di sentire i piedi bagnati mentre si passeggia sul bagnasciuga, la schiuma bianca sul mare blu, le singole goccioline d’acqua schizzate in aria. Ma anche la certezza di annegare se ci si trovasse per sbaglio in quel punto così agitato. Tutto grazie alla straordinaria capacità dell’artista di fissare la realtà con il suo pennello. Di restituire un’immagine più vera del vero, fissa ma non davvero immobile, un’istantanea che tutti abbiamo già visto, ma che a Ventrone ha ispirato un capolavoro, mentre alla maggior parte di noi un’occhiata distratta.
Photo Marta Covre

Info
VENTRONE. Natura morta pittura viva
A cura di Luca Beatrice
Promossa dalla Venice International University e dalla Fondazione Ventrone Gibilisco
Organizzazione de Il Cigno GG Edizioni e Villaggio Globale International
Palazzo Pisani Revedin, S. Marco, 4013°, presso campo Manin, Venezia
13 maggio – 16 luglio 2023
Aperto da martedì a domenica 10:30-13:30 e 15:00-19:00
Ingresso gratuito