Pur essendo ancora considerato turismo di nicchia, il cicloturismo muove in realtà in Europa circa 6 milioni di persone e ha registrato in Veneto, nel 2012, un incremento del 7%.
Se poi si analizzano i dati dei “dilettanti” delle due ruote, scopriamo che i potenziali utenti sono in Italia circa 25 milioni.
Un dato che fa capire l’importanza, in termini di sviluppo turistico, di questo segmento di mercato. Ecco perché le Province di Padova, Vicenza, Verona, Treviso e Mantova, si sono riunite per far fronte comune con la Regione Veneto e le Ferrovie dello Stato e portare a compimento la pista ciclopedonale Treviso-Ostiglia: 116 km di piste, di
cui 33 nel padovano, che attraversano il Po e il Sile, solcando territori e paesaggi per lunghi tratti alberati e incontaminati.
Un percorso ricavato sul sedime dell’omonima linea ferroviaria realizzata per fini bellici e strategici tra il 1920 e il 1940, che fu bombardata dagli alleati nel corso della Seconda Guerra mondiale e che attualmente rappresenta il tratto di ferrovia dismessa più esteso d’Italia. Il suo ripristino, più volte annunciato dal Dopoguerra in poi, oggi diviene finalmente realtà.
La pista, per il suo fascino naturalistico, viene già paragonata dagli esperti alla famosa San Candido-Lienz. Lungo il suo percorso attraversa borghi, parchi, sei caselli ferroviari e due magazzini di pregio che si trovano lungo i binari.
Un itinerario che diventerà la più lunga ciclovia d’Italia, valorizzerà il patrimonio paesaggistico, architettonico e enogastronomico dell’intero tragitto, racconterà una pagina di storia d’Italia e del Veneto, sarà in grado di qualificare l’offerta turistica verso la mobilità dolce e filosofia di viaggio “green”.
Olivia Kubanski