Lo scorso cinque marzo al teatro Manzoni di Monza in scena una serata per sole donne, corpi di attrici a nudo di fronte a una platea sensibile, che risponde con applausi ed entusiasmo a un rito che celebra la femminilità senza pregiudizi.
Monza, Italia.
Difficile definirlo, sicuramente un’esperienza potente, totalizzante, immersiva per le donne che hanno affollato la platea del Teatro Manzoni di Monza.
Corpi femminili che si mostrano nella loro nudità, espressività di se stesse: è questo l’esperimento.
La regia è di Silvia Gallerano di e con Giulia Aleandri, Elvira Berarducci, Smeralda Capizzi, Benedetta Cassio, Livia De Luca, Chantal Gori, Giulia Pietrozzini.
Silvia Gallerano è la prima attrice italiana a vincere il premio The stage award for Acting Excellence come best solo Performer, il più alto riconoscimento per attori e attrici al Edimburgh Festival Fringe.

Tutte donne sul palco e tutte donne in platea
Il progetto prese avvio qualche anno fa e, attraverso le testimonianze delle donne che parteciparono ai laboratori teatrali, vuole indagare il loro vissuto attraverso il loro corpo: percepito, riconosciuto, esibito, contaminato.
Le donne interagiscono tra di loro, riflettono su femminismo, rivalsa, senso di colpa, autodeterminazione. Viene messa in risalto la cultura patriarcale nella quale la società è ancora immersa: una cultura che ci condiziona e spesso, se non riconosciuta, determina le nostre scelte personali e quelle delle altre donne con le quali entriamo in contatto.
Durante la serata “Svelarsi” ci fa sentire protagoniste, ci si riconosce nelle parole delle attrici, condividiamo le comuni paure, incertezze, sensi di colpa. Sensi di colpa solo per il fatto di essere donne, alla ricerca di una immagine che non riflette noi stesse ma quello che la società si aspetta che noi siamo. E’ il controllo dei corpi ed attraverso esso delle menti, delle morali, del dover essere, sembrare.
L’esibizione in scena del corpo senza pregiudizi, mette in mostra le fragilità, ciò che non ci piace, crea una relazione di empatia e sorellanza che aleggia tra palco e platea.

Le frasi dette, le movenze, le performance fanno sì che ognuna delle donne in sala si possa riconoscere con quello che in quel momento non solo sta vedendo ma che sta interiorizzando.
Si passa da momenti di presa di coscienza, di immedesimazione, di riconoscimento che avvicinano tutte le donne presenti portando a percezioni di ironia sul proprio corpo che sfociano in risate liberatorie. Si sgretola l’immagine indotta ed emerge il sé ed è impossibile non riconoscersi, analizzarsi, ripercorrere quello che abbiamo fatto, chi realmente siamo, quanto abbiamo deliberatamente scelto o subito dalla cultura del patriarcato.
L’energia prodotta rende impossibile, travolte dall’incalzare dell’esperimento, non alzarsi in piedi, ballare tutte insieme e magari spogliarsi in un vero e proprio “sabba “liberatorio.
Alla fine la disponibilità delle attrici va oltre la performance fermandosi sul palco per condividere l’esperienza con le donne in platea e rendendo pubblico quanto ognuna ha provato su se stessa. Ed è in quel momento che percepisci nuovi parametri dell’estetica, rivedi così queste donne che appaiono bellissime dopo aver esibito attraverso il palco ciò che del loro corpo non piace, facendoci sentire meglio con noi stesse e facendoci tornare a casa con la sensazione di avere svolto un percorso che, per quanto parziale, ci rende più consapevoli di quello che vogliamo, senza sensi di colpa o obblighi dettati da retaggi culturali.
Info: Teatro Manzoni Monza
Photo courtesy of Teatro Manzoni Monza
Testo Patrizia Zocchio