Siviglia, tre giorni di arte e divertimento nella capitale dell'Andalusia

Siviglia, tre giorni di arte e divertimento nella capitale dell’Andalusia

Scritto da Elena Borravicchio on . Postato in Destinazioni, Weekend

Un crocevia di culture. Flamenco, azulejos, “ricami” mudejar. Città più ricca e cosmopolita d’Europa nel 1500 (il monarca spagnolo Carlo V divenne imperatore del Sacro Romano Impero), Siviglia deteneva il monopolio delle merci delle colonie americane, che giungevano attraverso il Guadalquivir (Wādī al-kabīr – “fiume grande”, in arabo: la dominazione araba durò dal 700 fino alla metà del 1200). L’impianto della città mantiene i segni del fasto del passato.

Siviglia, Spagna.
Il flamenco, gli azulejos, lo stile moresco, l’amabilità dei suoi abitanti, l’imponenza della sua cattedrale. Per non parlare del clima, deliziosamente mite nella stagione invernale, torrido d’estate. Siviglia colpisce per questi elementi.

Tre giorni sono ottimi

Tre giorni sono ottimi per visitare il capoluogo dell’Andalusia. La prima mattina si può dedicare alla cosa più turistica, ma non per questo meno apprezzabile, che offre la città: un giro sul bus scoperto che in un’ora e mezza di percorso guidato (audioguide in 18 lingue) conduce alla scoperta dei luoghi più significativi del centro, ma non solo, anche dell’avveniristico Ponte Alamillo di Santiago Calatrava; i padiglioni della celebre Esposizione Internazionale del 1929, oggi trasformati in università, musei e consolati, e quelli dell’Esposizione del 1992; la Reale Fabbrica di Tabacco; la Basilica della Macarena (oggetto di grande devozione) e le principali chiese della città. Il biglietto dura 48 ore e ad ogni fermata si può scendere e visitare un’attrazione. Pausa pranzo al Corte Inglés, centro commerciale di lusso dove acquistare un ricordo della Spagna e assaggiare ottimo jamon iberico e il delizioso salmorejo, tipica zuppa fredda andalusa. Nel pomeriggio visita all’Alcazar, capolavoro di arte mudejar: una vera e propria “reggia musulmana” di un “imperatore cristiano”, Pietro I di Castiglia, anche detto Pietro il Crudele. La facciata, originale del 1364, reca il motto Allah solo è vittorioso, in arabo, insieme alla scritta latina in caratteri gotici che annota che Re Pietro fece costruire questo palazzo nel 1402. Dio è uno, comunque lo si chiami, e il monarca cristiano sfruttò la magnificenza dell’arte islamica per trasformare la sua dimora in una reggia capace di incutere soggezione e reverenza. Mirabile l’amplissimo giardino e suggestiva la vasca nelle cui acque si racconta che la moglie del sovrano fosse solita bagnarsi nuda. Palazzo e giardino subirono numerosissimi rimaneggiamenti in epoca rinascimentale e moderna. Il magnifico salone degli ambasciatori (dove si sposarono Carlo V ed Isabella del Portogallo) fece da sfondo ad alcune stagioni della serie Games of Thrones.  Consigliatissima la visita guidata.

Sulla via del ritorno in hotel shopping in Calle Sierpes, sempre con il naso all’insù ad ammirare gli arzigogolati balconi, le finestre ad arco in stile arabo e i colori caldi delle case.

Il secondo giorno

Il secondo giorno ci si può dedicare all’arte. Si può passeggiare per le vie del centro entrando a caso nelle numerose chiese barocche ricchissime di oro, candele e statue imponenti di santi e Madonne coperte di abiti lussuosi, merletti e con il volto spesso rigato di lacrime. E poi si può visitare il Museo de Bellas Artes (gratuito!), ex convento, con opere che vanno dal Medioevo al XX secolo, perlopiù di soggetto religioso e popolare (giovani ballerine di flamenco, bambini, sigaraie, “santere”). Considerata la seconda pinacoteca di Spagna, dopo il Museo del Prado di Madrid, espone opere di Bartolomé Esteban Murillo, il suo discepolo Juan Simón Gutierrez, Francisco de Zurbarán e Juan de Valdés Leal. Impossibile dimenticare lo sguardo struggente di Jesús crucificado expirante di Zurbarán, ispirato a un gitano a cui il pittore aveva chiesto di posare, o di Gesù Bambino in braccio alla sua mamma, nel quadro Virgen con el Niño, di Murillo (anche detta Virgen de la Servilleta, Madonna del Tovagliolo, perché si racconta che, dopo cena, i monaci del convento dei Cappuccini di Siviglia, dov’era di casa, chiesero al pittore di realizzare un dipinto: egli prese un tovagliolo e vi disegnò sopra il volto della Vergine), che sembra saltare fuori dal quadro e scrutare il visitatore nell’anima. Bellissimi i personaggi “minori” ritratti nella penombra delle grandi tele dell’Adorazione dei Pastori o di Santo Tomás de Vllanueva dando limosnas, ancora di Murillo.

Nel pomeriggio si può sperimentare l’emozione di calcare la stessa terra che hanno calpestato i toreri più famosi della storia nella Plaza de Toros (magari dopo aver recitato una preghiera nella cappella subito antecedente all’ingresso nell’arena), teatro tutt’oggi di circa 30 corride all’anno, costruita nel 1761. Dalla capienza straordinaria di 12 mila spettatori. La sera cena con spettacolo a La Cantadora, piccolo locale in cui si mangia ottimo cibo locale a ridosso del palco sul quale si esibiscono con febbrile energia le ballerine di flamenco accompagnate dalla musica dal vivo di una cantante e un chitarrista.

Il terzo giorno

La terza mattina si può dedicare alla visita di Plaza de España, spettacolare piazza di 50 mila metri quadrati, la cui costruzione a semicerchio rappresenta l’abbraccio della Spagna e delle sue antiche colonie e del magnifico Parco di María Luisa, polmone della città, donato dalla duchessa di Montpensier nel 1893 e modificato in occasione della grande Esposizione iberoamericana del 1929, alla quale risale anche il padiglione che domina la piazza. Sotto il suo colonnato è facile incontrare una ballerina di flamenco che sulla musica di un chitarrista danza con eleganza ed energia stregando i visitatori di passaggio. Lo stesso è comune che si verifichi davanti alla Cattedrale o in Plaza Nueva o in molti altri luoghi della città: dappertutto risuona musica flamenca e si incontrano artisti di strada

Una breve visita all’Alfonso XIII, l’hotel storico più bello della città, per ritemprarsi con un bicchiere di Cava e l’ultimo pomeriggio si può dedicare alla visita di Casa de Pilatos e della grandiosa Cattedrale

Al ritorno a Siviglia da un pellegrinaggio in Terra Santa, nel 1519, Enriquez de Ribera si accorse che la distanza tra casa sua e la chiesa fuori le mura, chiamata la Croce del campo, era la stessa che intercorreva tra la residenza di Ponzio Pilato e il Calvario: decise allora di intitolare casa sua a Pilatos e creare una via crucis la cui prima stazione sarebbe stata la sua abitazione e l’ultima la chiesa. L’edificio è sorprendente: iniziato nel 1493 e modificato fino al 1530, presenta uno stile mudejar misto al rinascimento italiano e al gotico. Azulejos a perdita d’occhio.

La Cattedrale di Santa Maria della Sede, che pare tutta un ricamo, edificata sull’antica moschea di Almohadi, è il tempio gotico più grande al mondo e seconda chiesa per dimensioni dopo San Pietro; è stata costruita in quattro secoli, dal 1401 fino a inizio 1800. È un’opera grandiosa. Si racconta che il governo cittadino dichiarò: “Quando questa chiesa sarà finita dovranno considerarci dei pazzi”. La pala d’altare della Capilla Mayor abbaglia tanto è ricca la decorazione dorata del suo retablo ligneo, 36 scomparti nei quali sono raffigurate scene dell’Antico Testamento e della vita di Cristo. Davanti ad essa, tre volte all’anno, da secoli, i seises (ragazzi del coro) danzano in onore della Madonna. 25 cappelle, di cui una, quella dei Reali di Spagna, chiusa al pubblico e aperta solo al culto. Qui si trova l’immagine gotica della Vergine dei Re, patrona della città e dell’arcidiocesi di Siviglia. In questa cappella ho avuto la fortuna di partecipare ad una messa per fedeli sordi, un’esperienza commovente.

Infine visita al Patio de los Naranjos, annesso alla Cattedrale (Giardino degli aranci “amari”: fate caso alle foglie, se attaccata al picciolo c’è una piccola foglia e poi la foglia normale allora sono arance amare. Dalla Spagna vengono mandate in Inghilterra per farne marmellata) e alla Giralda, campanile della chiesa, ex minareto, alto 70 metri. La sommità si raggiunge tramite 34 rampe – non ci sono gradini – che consentivano al muezzin di salire a cavallo per intonare l’invito alla preghiera dalla cima. Da cui si gode la vista a 360 gradi della città dall’alto.

Ultima chicca, la Chiesa del Divino Salvador, capolavoro dell’architettura barocca. Nelle opere d’arte di questa chiesa viene catturata l’umanità di Cristo. Commovente la statua del Signore dell’umiltà e della pazienza. Sulla piazza della chiesa una churreria degna di menzione: Kukuchurro. Mai ripartire dalla Spagna senza aver assaggiato i churros.

Ultima sera cena nel ristorante Terraviva (eccezionali le croquetas de rabo de toro) e dopocena presso uno dei tanti bar vicino al Metropol Parasol, anche detto Setas, (funghi), la struttura di architettura contemporanea firmata Jürgen Mayer, oppure nei numerosi locali con musica dal vivo e discoteca lungo il fiume Guadalquivir
Photo Elena Borravicchio 

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Elena Borravicchio

Torinese di nascita e monzese di adozione, avendo vissuto, nel mezzo, un pezzo di vita a Milano e uno ad Abu Dhabi, prende la vita con filosofia, come la sua laurea. Appassionata di sociale, educazione, teatro, danza e viaggi, non esce mai di casa senza penna e taccuino e pensa di non aver vissuto fino in fondo un’emozione se prima non l’ha trasferita sulla carta. Circondata di amici monzesi, ma soprattutto stranieri, si dedica con gioia alla sua famiglia e al mestiere di freelance.