
Il Futurismo “plana” a Monza

Una chicca per gli appassionati del grande movimento artistico dell’inizio del XX secolo, in mostra in una curatissima galleria d’arte, nel centro storico della città. Velocità, dinamismo, cuore rombante dei motori, forza immaginifica, tensione tra l’uomo e la macchina, progresso programmatico. Nella selezionatissima scelta di opere, sita in via De Gradi, si ritrova tutto ciò, cifra distintiva del Futurismo.
Monza, Italia.
“Futurismo + Velocità”. Si intitola così la ricercata, piccola selezione di opere di Roberto Marcello Baldessari, Alessandro Bruschetti, Giulio D’Anna, Gerardo Dottori, Fortunato Depero e Tullio Crali, inaugurata domenica 10 novembre, presso la galleria Leo Galleries di Monza, in mostra fino al 7 dicembre. Ha aperto le danze la breve, incalzante lezione dello storico dell’arte Maurizio Scudiero, studioso di riferimento internazionale per il movimento: “Nel cosiddetto secondo Futurismo – che tra l’altro è una definizione orribile – cioè nel periodo dopo la Seconda Guerra Mondiale, tutti hanno associato a questi artisti il fascismo e allora via: declassati tutti i futuristi in quanto fascisti”. E ha continuato: “Non s’era capito che il futurismo era un’arte concettuale e anche un’arte povera. Cosa vuol dire “avanguardia”? È un termine mutuato dal linguaggio militare: significa un gruppo di uomini che sta avanti. Se strappi in avanti non ti capisce nessuno ma questo è l’avanguardia. Dopo diventa normalità e non interessa più. Che poi oggi, per fare arte, si consideri necessario fare avanguardia e quindi strappare in avanti a tutti i costi, anche senza contenuto, questo è un rischio reale; ma allora c’era contenuto, altroché se c’era. C’era un intero Manifesto programmatico”. Con il Futurismo la pubblicità assume dignità di arte, il collage è riabilitato e l’arte figurativa si avvale di un codice stilistico caratteristico. Significato e significante si avvicinano fino a scambiarsi, la forma diventa sostanza.
“Negli anni Venti del Novecento l’aviazione italiana era la più avanzata al mondo – ha aggiunto poi Scudiero – la trasvolata di Italo Balbo su Rio de Janeiro e sull’America del Nord era nota ovunque: tutti i centri militari strategici del mondo ci temevano! Marinetti lo aveva capito: il futuro sarebbe stata la velocità aerea”. E, allora, accanto alle due opere notissime di Baldessari dedicate all’automobile e al treno, entrambi colti in movimento, reso con le tipiche “linee-forza boccioniane” e alla motocicletta di Depero, tutta circondata di fasci, che sono gli stessi della galleria del vento della Fiat, dove si provano le nuove automobili, compaiono anche vedute aeree, dalle più oniriche di Bruschetti e Dottori alla più meccanicistica di Crali fino alla personalissima versione di aereopittura di D’Anna. Emerge prorompente l’idea di velocità, di movimento, di visione prospettica dell’uomo, che si trovi nella cabina di pilotaggio di un aeromobile oppure no, comunque dall’alto, che domina lui e lui soltanto il panorama e, verrebbe da dire, la natura tutta, soggiogandola con la sua tecnologia, in fervente sviluppo.
Non a caso il Manifesto del Futurismo dichiarava: “Noi affermiamo che la magnificenza del mondo si è arricchita di una bellezza nuova; la bellezza della velocità. Un’automobile da corsa col suo cofano adorno di grossi tubi simili a serpenti dall’alito esplosivo… un’automobile ruggente, che sembra correre sulla mitraglia, è più bello della Vittoria di Samotracia”. E ancora: “Noi vogliamo inneggiare all’uomo che tiene il volante, la cui asta ideale attraversa la Terra, lanciata a corsa, essa pure, sul circuito della sua orbita”.
Testo e foto Elena Borraviccio