
“RAFFAELLO – L’ACCADEMIA DI SAN LUCA E IL MITO DELL’URBINATE”, IN MOSTRA A ROMA PER RICORDARNE L’IMPORTANZA COME MODELLO ARTISTICO

Il suo mito era già vivo quand’egli era ancora in vita, il suo genio riecheggia nei secoli ed è scolpito nella pietra della sua tomba al Pantheon di Roma: “Ille hic est Raphael timuit quo sospite vinci, rerum magna parens et moriente mori” – “Qui Raffaello , dal quale, vivo, la [natura] gran madre delle cose, temette di essere vinta, e mentre egli moriva di morire anch’essa”. Un percorso espositivo su prenotazione, in ottemperanza alle norme Covid, inaugurato in occasione del cinquecentenario dalla morte del grande maestro, per ricordarne l’influenza artistica nel tempo.

Roma, Italia.
In questo difficile momento storico per il mondo delle mostre d’arte e della cultura in generale, apre al pubblico il 22 ottobre 2020 la mostra su Raffaello presso l’Accademia Nazionale di San Luca. Prevista in atto fino al 30 gennaio 2021, verrà prorogata fino al 5 marzo a causa del periodo di chiusura dei musei in tutta Italia. La mostra è organizzata dall’Accademia come atto di partecipazione ai progetti attivati dal MIBACT per i cinquecento anni dalla morte di Raffaello Sanzio.
“Raffaello. L’Accademia di San Luca e il mito dell’Urbinate”, curata da Francesco Moschini, Valeria Rotili e Stefania Ventra, presenta, al terzo piano del palazzo, un allestimento progettato e curato da Francesco Cellini.
E’ proprio così, nel 2020 sono trascorsi ben cinquecento anni dalla morte dell’Urbinate, avvenuta a Roma nel 1520. Una vita interrotta a soli trentasette anni ma riconosciuta universalmente come quella di un genio assoluto, uno dei prodigi dell’umanità, omaggiato alla morte di tutti gli onori e post mortem di tutti i meriti.

L’Accademia Nazionale di San Luca come la conosciamo oggi ha origini molto antiche, fra la seconda metà del Cinquecento e la prima del Seicento, ma esisteva già dalla fine del Quattrocento come Università della pittura e della miniatura. La sua storia e la sua vocazione sono duplicemente intrecciate a quella del Santo ed a quella di Raffaello: San Luca, protettore dei Pittori, fu infatti raffigurato sulla pala d’altare della Chiesa di San Luca all’Esquilino, la prima sede dell’Università. L’opera è stata attribuita a Raffaello e si trova oggi in palazzo Carpegna.
L’Accademia di San Luca, da sempre una delle istituzioni di più alto pregio e fama per quanto riguarda la formazione artistica, oggi affianca questa sua esperienza a ruoli di promozione delle arti, dell’architettura e del ruolo sociale del suo Corpo Accademico. Ritrova così, in Raffaello, il modello da cui partire per mostrare al mondo l’importanza della propria azione e lo fa, allo stesso tempo, celebrando con ammirazione il mito dell’Urbinate attraverso questa mostra.

L’esposizione è strutturata per mostrare una prospettiva diversa del ruolo raffaellesco, ci permette di guardare il pittore con gli occhi di tutti quegli artisti dell’Accademia che l’hanno ammirato, studiato ed infine copiato, per lasciarne al mondo un’ulteriore testimonianza fatta di disegni, prove di concorso accademiche ed altri materiali di progetto. I grandi dell’Accademia hanno, quindi, dato vita ad opere spesso anche molto interessanti, in cui emerge in tutta la sua importanza l’esempio dell’Urbinate ed il segno indelebile che egli ha lasciato nell’arte e nel lavoro degli accademici.
Percorrendo le rampe di scale che conducono al piano dov’è allestita la mostra, si respira un’atmosfera di lustro e pregio artistico e, guardandosi intorno fra dipinti ed ornamenti di gusto rinascimentale, ci si ritrova nelle sale dedicate all’esposizione quasi senza accorgersene, talmente l’atmosfera dell’Accademia è silenziosa, armoniosa e coinvolgente allo stesso tempo.

Ognuna delle opere scelte riproduce, nella sua peculiarità, un istante, una motivazione, una particolare rappresentazione all’interno del percorso generato dal mito di Raffaello nei secoli. La vera essenza di questa mostra, ciò che la rende imperdibile ed attraente è il fatto che molte di queste opere sono poco conosciute, di rado esposte al pubblico, nonché molto poco esaminate in rapporto al debito nei confronti dell’Urbinate ed allo studio generato dalla sua eredità. Il cinquecentenario della morte di Raffaello, una ricorrenza davvero molto attesa nel mondo dell’arte, ha purtroppo dovuto combattere con la tristemente nota emergenza sanitaria di Covid-19. Come affermano anche i comunicati stampa redatti in occasione dell’apertura, la scelta di inaugurare in ogni caso questa mostra rispecchia la volontà di donare un bellissimo e necessario apporto alla risalita del settore culturale italiano, ovviamente nel rispetto di tutte le misure di sicurezza previste, con un occhio sempre vigile alla gravità di quanto sta accadendo ed alla sua necessaria priorità.

Opere centrali dell’esposizione sono il “San Luca che dipinge la Vergine”, il “Putto reggifestone”, la copia di Pietro da Cortona dell’affresco della “Galatea” di Villa Chigi e la piccola ma significativa presenza di “Autoritratto con gli antichi” di Achille Funi del 1962 che conclude simbolicamente la storia dell’interpretazione “classicistica” di Raffaello (testimoniata dalla presenza di una Venere antica accanto al pittore). In mostra troviamo poi esposti disegni ed incisioni derivanti dagli affreschi del maestro d’Urbino delle Logge vaticane, oltre ad opere celebrative che hanno mantenuto vivo ed evocato il ricordo dell’artista (medaglie, libri, stampe, nonché lavori di pittori d’oltralpe studiosi di Raffaello)
La pala “San Luca che dipinge la Vergine”, tradizionalmente attribuita a Raffaello, il quale compare accanto al Santo, diviene nel corso del Cinquecento il “simbolo” dell’Accademia, diventando così un punto di riferimento per i giovani artisti che si approcciavano allo studio.
A testimonianza di ciò, visibile all’interno della chiesa dei Santi Luca e Martina, troviamo la celebre copia realizzata nel 1623 da Antiveduto Grammatica. L’opera, oltre a aver subito un restauro recente a cura dell’Accademia Nazionale di San Luca, viene mostrata al pubblico alla fine del percorso di mostra, affiancata all’originale, riunita quindi a quella da cui tutto ha avuto inizio, non per voler celebrare un mero confronto stilistico ma per invitare l’osservatore ad avere più punti di vista e prospettive su uno stesso tema. In aggiunta a ciò, si conclude con disegni ed incisioni di epoca moderna, ispirati a queste due opere.

Come già accennato, altro protagonista dell’esposizione è il “Putto reggifestone”, riferito al putto che compare accanto al “Profeta Isaia” dipinto da Raffaello su un pilastro della Chiesa di Sant’Agostino e la cui autenticità, a quanto sembra, è da tempo dibattuta ed ha aperto nuove ipotesi ed evidenze scientifiche che potrebbero portare a delle novità. Arrivò in Accademia nel 1834 spopolando fra gli artisti e gli appassionati e diventando una delle opere del maestro più copiate in assoluto. La più nota di queste copie è quella che il pittore Gustave Moreau ha realizzato nel 1858, affiancata qui all’originale grazie al prestito accordato dal Musée Gustave Moreau di Parigi. Essendo considerata come la prima versione riprodotta sull’originale del maestro, è probabilmente questa un’occasione imperdibile per ammirarla.
Percorrendo lentamente le eleganti stanze accademiche, sembra impossibile non meditare sulla celebre lode del Vasari:
“Quando Raffaello morì, la pittura scomparve con lui. Quando chiuse gli occhi, lei divenne cieca”.
La morte dell’urbinate, ad umanisti ed artisti suoi contemporanei sembrò effettivamente contrassegnare la fine di un’epoca, un punto di non ritorno. Tuttavia, il mito di Raffaello è divenuto nel tempo finemente articolato, si è esteso su un apparato iconografico variegato. Dopotutto, la sua evoluzione ed il suo stile (come quello di tutti i grandi geni) non sono forse il frutto dell’influenza di grandi maestri del suo tempo come Piero della Francesca, Donato Bramante, Perugino, Leonardo, perfino Michelangelo?
Nell’ambito di questa riflessione, l’Accademia Nazionale di San Luca appare inserirsi come custode del mito, del modello, della memoria di Raffaello e dell’esempio che il suo genio ha lasciato alla cultura accademica, romana e dell’intera umanità.
Foto Michela Ludovici
Info: http://www.accademiasanluca.eu/it