Se avete qualche ora libera nel mese di Giugno e vi trovate a trascorrerla nella calda Capitale, ma volete vivere qualcosa di inusuale e tuffarvi in un’esperienza artistica concettualmente libera da ogni corrente, Artsharing ha allestito l’esposizione perfetta: Le Morfologie Meccaniche di Vanzuk, una mostra che si basa su particolari “macchine inutili” e, per questo motivo, oggi quanto mai utili. Quelli di Vanzuk sono congegni astratti e surreali, creati ad hoc per svincolare la nostra mente dalla fissazione dell’utilità, del vantaggio, del fare e del produrre. Le opere dell’artista genovese rimarranno a Roma ancora per poco, fino al 28 giugno 2021, nell’ambito della mostra dal titolo “Morfologie Meccaniche. Assemblage e collage”, in allestimento presso la galleria ArtSharing di Via Giulio Tarra e visitabile su prenotazione a ingressi contingentati.
Roma, Italia.
L’esposizione ospitata da ArtSharing è a cura di Penelope Filacchione e stupisce per le sue opere di stampo ingegneristico, dal gusto dadaista e con rimandi al paradigma matematico e poetico di Escher. Combinazioni e mescolanze di tutto e niente, in grado di meravigliare i visitatori con minuscoli dettagli dal sapore di assurdità e metafisica.
L’elemento che più sorprende e che si assimila solo dopo l’attenzione di una seconda analisi ravvicinata, è come il caos dell’impatto iniziale venga invece stabilizzato in un equilibrio visivo che raggiunge la perfezione, forse grazie ai rimandi geometrici e matematici, forse grazie all’occhio umano che tende a ricercare l’ordine in tutto ciò che guarda.
ArtSharing, prospettive di condivisione artistica a Roma
ArtSharing è una galleria-associazione che ha visto la luce in tempi recenti, nel 2018, a Roma, dall’esperienza, dalla passione e dalla cura di Penelope Filacchione. La bellezza dell’idea che vi è alla base consiste nel mettere a disposizione di artisti provenienti da tutto il mondo uno spazio dove poter realizzare le proprie opere d’arte.
Quello di Morfologie Meccaniche è solo uno dei tanti progetti nel cassetto della curatrice Penelope Filacchione e di Elena Spirito, in arte Vanzuk, tutti dotati di spirito critico, assurdità e interesse verso l’interiorità umana.
Dato il bel successo ottenuto con questa esposizione e con l’iniziativa che vi è all’origine, si è pensato con acuta lungimiranza di organizzare dei momenti d’incontro fra artisti e visitatori, in modo da diffondere il tema delle iniziative e suscitare spunti di riflessione sempre nuovi.
Da sottolineare e da non trascurare è uno degli obiettivi più importanti del lavoro progettato dalla fondatrice: quello di promuovere il turismo culturale nella nostra Capitale, utilizzando l’arte come polo attrattivo di flussi d’interesse.
Per quanto riguarda gli altri progetti che ArtSharing porta avanti con dedizione, c’è quello di mettere a disposizione dei giovani le proprie conoscenze e la propria formazione, nell’ambito di progetti di alternanza scuola-lavoro.
Con estrema cura e grande interesse, ArtSharing incrementa la passione di giovani studenti interessati a entrare nel mondo dell’arte e degli artisti, come contributors o come investitori, dandogli l’opportunità di entrare nel vivo dell’organizzazione di una galleria d’arte.
Le forme impossibili di Vanzuk
Elena Spirito, in arte Vanzuk, è nata a Genova nel 1968 ed è laureata in Ingegneria; Roma l’ha accolta ed è poi diventata la sua città adottiva. Riflettendo sul concetto dell’equilibrio instabile ha intrapreso, in maniera quasi naturale, l’attività del collage, a partire dal 2005, producendo figure surreali e movimentate che compiono ripetizioni e atti concretamente impossibili.
In seguito comincia ad interessarsi ad altre tipologie di arte, giungendo a realizzare modelli e forme ritraenti delle figure femminili di grandezza naturale, avviluppate in abiti colorati che ricordano vagamente ambientazioni dal gusto giapponese, arricchite da gioielli di carta bagnati con soluzioni di resina.
Contestualmente alla realizzazione di queste opere, inizia a esporre nelle prime mostre, muovendo i primi passi nel mondo dei galleristi. Fra le tante forme interessanti da lei realizzate, abbiamo quelle degli animali creati con materiali riciclati, attraverso i quali Vanzuk manifesta un ritorno al collage.
Vanzuk è una buona intenditrice e studiosa d’arte, volge lo sguardo soprattutto a Escher e al Dadaismo, due elementi chiaramente visibili se si guardano le sue opere: questo perché molto spesso, con i suoi collage crea delle geometrie impossibili avvicinando forme variegate, originate quasi sempre da facsimili di opere d’arte più celebri.
Lo scopo è probabilmente quello di indurre gli artisti famosi del passato a entrare in contatto e coesistere in una stessa opere d’arte, un’idea davvero innovativa, dal grande acume e senza dubbio interessante.
Attraverso un percorso così complesso, un processo d’iniziazione all’arte avvenuto in compenetrazione con l’ingegneria, si è giunti a ciò che è visibile e percepibile durante il percorso espositivo allestito da ArtSharing: una sequenza di sculture realizzate in assemblage di conchiglie, ritagli di giornale, stoffe, ingranaggi di orologi e tanti altri materiali che, accostati fra loro, sembrano quasi avere vita propria, sembrano quasi essere pronti per accendersi e intraprendere un movimento.
Come se un insieme d’idee partorite dalla mente di Vanzuk ed esplicitate sottoforma di assemblage possano dare vita ad organismi realmente funzionanti. Ecco spiegato il titolo della mostra “Morfologie meccaniche”, poiché trattasi di forme anatomiche che scompongono e ricompongono dei processi razionali.
Al di là di questa forte concettualità, pienamente ispirata all’arte di Duchamp, si cela tuttavia un’ideologia profonda, influenzata dal mondo fantastico liberamente tratto dalle opere dell’autore francese Antoine de Saint-Exupery. Difatti, in mostra è possibile visionare anche delle illustrazioni di fiabe e libri di poesie compiute da Vanzuk, e, nella sezione finale, un ritratto dell’artista stessa realizzato da Ilaria di Giustili.
Connessioni illusorie
Connessioni, collegamenti, rondelle, ingranaggi di orologi, improbabili oggetti di ferramenta e tecnologia di piccola taglia, oggetti trovati per caso o riciclati, tutto raggiunge e acquista un proprio scopo e ogni elemento riesce a congiungersi all’altro con maestria e inaspettata perfezione.
Connessioni che rendono pienamente verosimile l’illusione di una prospettiva che tutto ciò possa muoversi e prendere vita in qualsiasi momento: davanti agli occhi del visitatore non ci sono veri e propri congegni in grado di funzionare, ma macchine realizzate e visibili a occhio nudo, le quali prendono vita solo perché nella nostra mente le associamo a una nostra idea o visione.
Morfologie meccaniche, vere e proprie strutture anatomiche realizzate sulla base di processi logici di cui analizzano le sfaccettature, difficili da comprendere a una prima analisi ma inaspettatamente veritiere una volta che vi si sofferma a rifletterci.
L’ansia del produrre, la volontà di trovare uno scopo e di dare un senso alla vita, ci sta probabilmente trasformando in macchine e il processo in atto è arrivato a un livello di evoluzione tale da farci apparire come dei mutanti, o meglio, come tecnologie antropomorfe.
Foto courtesy by fotogallery culturaliart