Dal 30 novembre 2024 al 2 giugno 2025 le cannoniere del Forte d Bard ospitano la mostra “Emilio Vedova. Questa è pittura”, straordinaria esposizione della produzione pittorica di un gigante del Novecento, a partire dagli anni Quaranta fino ai primi anni Duemila. Le tecniche sono molte: il disegno con pastelli, acquarelli ma anche carbone, sabbia e cemento; la scultura costruita per assemblaggi di materiali poco ortodossi; il gesto impetuoso, pennellate decise di colore che esprimono rabbia, denuncia, sfida e vita.
Bard (AO), Italia.
Impossibile impattare in Emilio Vedova senza empatizzare con lo stato d’animo che il pittore infonde nelle sue tele.
La mostra Emilio Vedova. Questa è pittura approda al Forte di Bard, dopo cinquant’anni dall’esposizione Emilio Vedova. Grafica e didattica, presentata nel 1975, alla Tour Fromage o Torre Casei, di Aosta, da Zeno Birolli e lo stesso Vedova.

Itinerario pittorico
Il complesso itinerario pittorico dell’artista è ben rappresentato in otto diversi spazi, introdotti da altrettanti efficaci pannelli espositivi, in cui il visitatore potrà camminare, accompagnato da Vedova, dentro la Storia.
La parabola dell’astrattista veneziano infatti è legata a doppio filo con i movimenti pittorici dell’epoca e gli eventi storici che scuotevano gli artisti dell’epoca, da Guernica in poi.
Una parabola all’insegna della ricerca della propria voce
L’evoluzione di Vedova attraversa i decenni e gli stili con una forza incandescente e una onestissima ricerca della propria voce, dal tratto personalissimo.

Gli anni Trenta a Venezia
Un ragazzetto esile ma di buona statura, “dal profilo tagliente di Erasmo, con una testa piccola e vivace”, si affretta per le calli veneziane. Dal sotoportego dei Preti di San Marco raggiunge la grande piazza dove, tra i cavalletti disposti nei punti più pittoreschi, osserva i pittori al lavoro e raccoglie la pulitura delle loro tavolozze, raschiata con la paletta. Ne farà buon uso tornato a casa, lavorando quel che riesce a salvare con le dita, su fogli e superfici rimediate a fatica.
Inizia così il percorso museale che propone le prime tele degli anni Quaranta, ispirate addirittura al Tintoretto; procede negli anni Cinquanta in un confronto serrato con Cézanne, Klee, Kandinskij, Mondrian, Picasso: Vedova abbandona del tutto la pittura di figura e sceglie il segno astratto. È senz’altro vicino a Wols, Fautrier, Kline, Pollock.

Gli anni Settanta e Ottanta
Negli anni Settanta e Ottanta realizza i Plurimi, a metà tra scultura e pittura, e i Cicli, tipici della sua produzione, forse ispirati alle sequenze narrative dei teleri cinquecenteschi veneziani, che giovane pittore non si stancava di osservare: …Als Ob…, che inchioda il visitatore all’angoscia esistenziale di Vedova e Rosso, tele verticali alte fino al soffitto che manifestano il suo slancio vitale, più forte di ogni contraddizione.

La freschezza di un ragazzo
Infine, negli anni Novanta, con la freschezza di un ragazzo di settant’anni raccoglie un’altra sfida e dipinge i Tondi, di antica e nobilissima tradizione soprattutto nel Cinquecento fiorentino, che – ricorda Fabrizio Gazzarri: “Non fu una scelta formale (…) ma l’inizio di una profonda riflessione, che sovverte le gerarchie compositive della sua opera insieme ai suoi orientamenti teorici e poetici”.
Photo Elena Borravicchio
Courtesy of Forte di Bard
Emilio Vedova Rosso ’83 – Fondazione Emilio e Annabianca Vedova, Venezia