Mare, montagna, laghi, fiumi, punti panoramici, boschi, specie protette, città, antichi borghi, castelli, monumenti… non manca proprio nulla a questa regione italiana, in grado di offrire ogni genere di bellezza ed attrattiva, di conquistare gli occhi ed il cuore. Dopo un tour di questi dieci luoghi dell’entroterra meno popolari, sarà impossibile non lasciarsi emozionare e rapire dalla magia e dalla genuinità dell’atmosfera abruzzese. Da programmare e vivere a pieno non appena possibile, nel rispetto delle misure di sicurezza.
Abruzzo, Italia.
Una volta arrivati, non si vorrebbe più andar via. L’Abruzzo è una terra ricca di cose da vedere, da fare, imparare ed amare. Una terra che lusinga i propri ospiti, li affascina, li strega e li circonda di così tanta bellezza da convincerli sempre a ritornare. Questo perché, forse, tradizionalmente la nostra memoria c’inganna: le sue attrattive sono molte di più rispetto a quelle che siamo abituati a ricordare. A tal proposito, questa breve guida percorre un itinerario di 10 tappe imperdibili nell’entroterra abruzzese, posti che meritano di essere visitati e ricordati, in quanto appartenenti ad un circuito turistico alternativo e lontano dai luoghi più frequentati. Per forza di cose, in una terra così variegata, dove basta girare l’angolo di una piana selvaggia per scorgere il mare in lontananza o per imbattersi in un’alta vetta innevata, un solo tour non potrà mai essere esaustivo. Un itinerario di dieci luoghi magici, che non vuole ridursi a mero elenco ma raccontare dei posti spesso molto diversi fra loro, tranquilli o selvaggi ed impervi…proprio come lo spirito abruzzese, che è, forse, la sua eredità più importante.

Rocca Calascio, la roccia nelle rocce
Il nostro tour inizia dal comune di Calascio in provincia de L’Aquila. Lo stupore e la bellezza della visita inizia ancor prima di arrivare, mentre in auto si percorre una caratteristica strada di montagna che si contorce fra panorami d’indubbia perfezione, nei profili, nei colori e negli odori. Dopo aver abbandonato l’automobile ai piedi del monte e nei pressi dell’ingresso a Calascio, con l’impazienza di chi vuole arrivare in cima ma non ha idea che quest’esperienza supererà di gran lunga ogni aspettativa, ci si può incamminare lungo il sentiero che conduce sulla vetta di uno dei monti del Parco Nazionale del Gran Sasso e dei Monti della Laga, dal quale ammirare tutto il panorama circostante. Senza alcuna difficoltà ci si ritrova all’interno del piccolissimo comune abruzzese di Calascio, dalle antiche origini medievali, dove boschi, vette rocciose, antiche architetture e praterie si fondono in uno scenario quasi surreale, in bilico fra passato e presente. Fondato in epoca normanna, l’odierna Calascio è il frutto della fusione fra le due antiche comunità inizialmente divise di Calascio e di Rocca Calascio, avvenuta a seguito di un terremoto che nel 1703 danneggiò fortemente la Rocca. In cima alle montagne che sovrastano il borgo, dopo una breve ma intensa escursione a piedi con scarpe ed abbigliamento consono, si arriva alla Rocca, la quale emerge fra le rocce in tutta la sua maestosità assieme ai resti dell’antico castello ed alla Chiesa di Santa Maria della Pietà. Nata attorno all’anno 1000 come semplice torre di avvistamento e divenuta nel tempo strategica roccaforte di famiglie come quella dei Piccolomini e dei Medici, in epoca contemporanea è stata set cinematografico per numerosi film nazionali ed internazionali, (Ladyhawke, Il Nome della Rosa, ed altri ancora) che hanno contribuito a riportare alla luce tutto il fascino di questo luogo senza tempo. Camminare lungo la merlatura dei resti della Rocca è un’esperienza quasi fiabesca, come lo è sbirciare dalle aperture e dalle finestrelle dell’antica architettura, rubando con gli occhi scorci simili ad acquerelli. Ogni stagione regala a quest’escursione un valore aggiunto ed una caratterizzazione di colori che riesce in ogni momento a sposarsi perfettamente con l’ambiente circostante; ma forse, le sfumature arancio delle foglie d’autunno, o le fredde nubi d’inverno prossime alla tempesta, rilasciano nell’aria un’atmosfera quasi mistica. Dopo aver fatto indigestione di meraviglia e stupore, non resta che fermarsi e fare indigestione di qualche piatto della cucina locale in una delle taverne di Calascio, con una gustosa zuppa di lenticchie, due costolette di agnello o degli indimenticabili arrosticini, rigorosamente di fegato.

Bolognano, tutto l’incanto della cisterna
Forse non tutti sanno che, in Abruzzo i collegamenti fra un centro ed un altro possono spesso risultare complicati, o comunque abbastanza lunghi anche fra luoghi geograficamente non distanti. Dopo aver lasciato a malincuore Rocca Calascio, in una cinquantina di minuti in auto su strade scoscese e curvilinee si raggiunge un’altra località nell’entroterra abruzzese, che merita una visita in qualunque stagione, prima del calar del sole. Ci troviamo nel comune di Bolognano, provincia di Pescara, all’interno del Parco Nazionale della Majella, dove si trova una vera e propria piscina totalmente naturale, incavata nella roccia e chiamata oramai da tutti “Cisterna di Bolognano”. Questa meraviglia della natura, infatti, viene incessantemente approvvigionata da una morbida cascata d’acqua sorgiva. Istintivamente, durante il cammino il nostro sguardo non fa altro che voltarsi ad ammirare il panorama circostante: la cascata stessa è infatti inserita in una splendida scenografia realmente incontaminata, la Valle dell’Orta, divenuta nel 1989 area naturale protetta d’Abruzzo. La zona include un grandioso canyon di roccia calcarea, intagliato dall’ininterrotto scorrervi indisturbato del fiume Orta, da milioni di anni, che prosegue da un’altitudine di circa 1.300 metri per 25 km, fino a sfociare nelle acque del fiume Pescara. E’ incredibile pensare come un fiume dal letto ampio, ma dalla scarsa profondità, abbia dato vita ad un canyon, restituendoci una delle aree più belle e selvagge d’Abruzzo. L’escursione alla Cisterna è da ritenersi semplice, si arriva a destinazione in circa venticinque minuti di cammino dal centro di Bolognano, facendo sempre attenzione ai piccoli tratti di sentiero scoscesi, caratterizzati sporadicamente da pietre meno resistenti o lungo i quali si deve attraversare il corso d’acqua, fra zampilli e cascatelle. Purtroppo, farsi il bagno nella meravigliosa acqua verde smeraldo della Cisterna è tassativamente vietato, poiché si cerca d’impedire i danni che il tuffo ed i movimenti umani potrebbero provocare ai muschi ed alle vegetazioni, i quali donano questo affascinante aspetto all’ecosistema. Purtroppo, va anche sottolineato che quasi nessuno rispetta questo divieto, soprattutto in estate, quando nelle ore centrali del giorno i visitatori arrivano alla cisterna accaldati e generalmente si fermano a lungo, per una sosta nei pressi della piscina naturale e la cascata.

San Valentino in Abruzzo Citeriore
A soli quindici minuti di auto dal fascino naturalistico di Bolognano, merita una breve visita un comune tanto piccolo quanto lungo è il suo nome: San Valentino in Abruzzo Citeriore, nella provincia di Pescara, il comune con il nome più lungo d’Italia che alcuni considerano la “Porta” Nord Occidentale del Parco Nazionale della Majella. Passando da qui, si avverte infatti nell’aria tutto l’incanto di una natura selvaggia e si ammira dalla strada una sconfinata distesa di panorami agricoli e boscosi. Non resta che fermarsi, anche per poco, in questo silenzioso paesino che si affaccia sulla valle fino al mare. Una rilassante passeggiata nel borgo di San Valentino è quello che ci vuole, salendo fino al Duomo di San Valentino e Damiano che ne rappresenta il centro focale. Accanto, in un’atmosfera quasi spettrale, i ruderi del Castello, dove in antichità vi era il centro originario relativo al X secolo, poi diventato Palazzo Farnese. Quello che rimane del villaggio fortificato consiste in una torre e in alcuni tratti dell’antica cinta muraria. San Valentino appare come un borgo curato e ben conservato, dov’è possibile senza sforzo girovagare lungo i suggestivi vicoli che si diramano dalla cima del paese. Ovunque vi sono gradini ed edifici storici; religiosi come le chiese di San Donato, quella di Sant’Antonio e quella di San Nicola, o di prestigio come i palazzi divenuti dimore delle famiglie più importanti, quali ad esempio Palazzo Bajocco e Palazzo Delfina Olivieri de Cambacérès, oggi sede del “Museo dei Fossili e delle Ambre”. Durante la passeggiata è impossibile non notare che il paesino è impreziosito qua e là da belle fontane: il “Sansone” e la fontana della “Venere Giulia”. La prima si trova sulla scalinata di fronte al Duomo ed è costituita da ben quattro vasche sostenute da dei leoni e da una statua di Sansone, la seconda, invece, è lungo la via che attraversa il paese ed è composta da una grande vasca sormontata da statue e dalla figura femminile di una ninfa, a cui è stato affibbiato il nome di “Venere Giulia Farnese”. Queste sono solo poche delle particolarità di questo comune dal nome buffo, le tradizioni da scoprire sono davvero molte e, sebbene siano sconosciute ai più, meritano senz’altro d’esser prese in considerazione.

Salle, luogo di silenzi
A soli quindici minuti in auto da San Valentino, proseguendo anche senza mèta lungo la statale, la quale non fa altro che incespicarsi fra vigneti e panorami dall’atmosfera agreste, ci si imbatte in un altro piccolo centro: Salle, reso caratteristico per lo più dal suo antichissimo Castello. Il centro abitato è diviso in due: Salle Nuova, che è la parte realmente abitata, e Salle Vecchia, distanti circa due chilometri fra di loro. Il paesino è per lo più un centro agricolo, dove piccole imprese artigiane del luogo lavorano le interiora dei propri animali per produrne corde armoniche e suture chirurgiche. Nell’area comunale, troviamo inoltre il ponte più alto d’Europa, a 104 metri al di sopra del fiume Orta, costruito negli anni Cinquanta ed utilizzato oggi per attività di bungee jumping. Arrivando alle soglie del Castello di Salle, la cosa che colpisce forse più di tutte è il silenzio: sembra quasi che il tempo si sia fermato e che lo spazio sia congelato in una dimensione in cui i visitatori sono portati ad immergersi. La costruzione fu eretta originariamente come feudo dell’Abbazia di San Clemente a Casauria, prima dell’XI secolo. Fino al XVI secolo la funzione del castello rimase principalmente di difesa, mentre, dopo l’annessione al Regno di Napoli, cominciò ad essere utilizzato anche come residenza delle famiglie in carica, quali Colonna e Gonzaga D’Aquino. Nel 1646 passò in mano al Barone Giacinto de Genua, di Vasto (cittadina abruzzese), che vi effettuò alcuni cambiamenti stilistici ed architettonici per evolverlo in palazzo signorile. Ancora oggi, il Castello appartiene alla famiglia Di Genova. Attorno sono inoltre riconoscibili i ruderi del borgo di Salle Vecchia, distrutto dal famoso terremoto del 1915. In un luogo così piccolo, arroccato e sconosciuto non ci si aspetta certo di trovare tanta storia e tanta bellezza. All’interno delle mura del castello vi è inoltre un giardino all’italiana e davanti all’ingresso principale l’attenzione viene catturata da una fontana del 1500. Il lato nord, infine, ospita il Museo medievale Borbonico, che propone stoffe, armi, strumenti di tortura, dipinti, carte geografiche, paramenti sacri ed antiche immagini del borgo di Salle.

Caramanico Terme, fra antichità e benessere
Pensare ad una sorgente sulfurea totalmente naturale in quest’area sembra quasi un’utopia, invece la sua esistenza è totalmente reale: in dieci minuti da Salle vi è Caramanico Terme, piccolo ma davvero suggestivo borgo adatto a chiunque volesse nutrire anima e corpo di più cose contemporaneamente: storia, natura e salute, che qui convivono in perfetta sintonia, a 650 metri di altitudine, nel cuore del Parco Nazionale della Majella. Le sorgenti solfuree ed oligominerali rendono Caramanico Terme una vera e propria eccellenza del nostro paese, offrendo luoghi esclusivi (spesso anche di lusso) dedicati al wellness. Molti sono i veterani che, annualmente, soggiornano qui ed uniscono il relax ad un’attività di prevenzione e/o cura termale, il tutto possibile grazie ad un clima perfetto (determinato anche dalla vicinanza con il mare), ad un’aria particolarmente salubre ed alla collocazione geografica. Stando alla leggenda, il nome del borgo deriva da un monaco francese di nome “Caro” vissuto nel X secolo, anche se più probabilmente l’insediamento ha origini longobarde. Una passeggiata fra le stradine del paese riporta immediatamente indietro nel tempo, ma soprattutto mostra ad un occhio attento la cura e l’eleganza applicati nella conservazione del centro storico. Fra le cose da vedere assolutamente, vi è la Chiesa di San Tommaso Becket, conosciuta anche come “Chiesa di San Tommaso di Paterno”, molto probabilmente sorta sul luogo dove in precedenza era sito un antico tempio dedicato ad Ercole, come testimonia un pozzo d’acqua sorgiva presente nella cripta della Chiesa, indispensabile per l’esecuzione degli antichi rituali dedicati al dio. Da non tralasciare, poi, l’Abbazia di Santa Maria Maggiore che si trova all’interno del borgo, con esterni gotici e portale ad arco acuto ritraente l’incoronazione della Vergine. All’esterno della Chiesa saltano all’occhio anche sculture di apostoli, pellegrini e cantori.

La Valle dell’Orfento, il cuore della Majella
Dopo una rilassante visita al grazioso borgo di Caramanico Terme, è pressoché impossibile lasciare inascoltato il richiamo della natura, quella natura che nel territorio abruzzese sembra aver dato sfogo a tutto il suo incanto. Questa volta è d’obbligo addentrarsi nella Valle dell’Orfento, cuore selvaggio del Parco Nazionale della Majella, in questo caso accedendo dai sentieri facenti parte del territorio comunale di Caramanico Terme. Oggi il territorio raggiunge i 10000 ettari e costituisce l’anima del Parco Nazionale della Majella, nonché la parte di più alto valore naturalistico. Nella Valle dell’Orfento troviamo l’unico canyon della Majella arricchito da un corso d’acqua continuo, grazie al quale ha preso vita uno dei più stupefacenti habitat di biodiversità di tutta la Majella. E’ stato quindi designato “il Merlo acquaiolo” come simbolo della Riserva: un uccello che proprio qui sopravvive nutrendosi di larve di animali acquatici, che cattura nelle acque fluviali. Ma la Valle dell’Orfento ci rimanda anche a vicende storiche più recenti: durante la seconda guerra mondiale, tra il 1943 ed il 1944 centinaia di fuggitivi sono stati ospitati nel canyon ed assistiti dalla popolazione di Caramanico, con solidarietà e benevolenza degne di nota. Per quanto riguarda l’escursione alla Valle, dal comune di Caramanico Terme hanno inizio i due sentieri più turistici: le Scalelle ed il Ponte del Vallone; altri accessi vi sono poi dalle contrade Decontra e S. Nicolao, oppure dal Colle del Blockhaus. Dovendo scegliere, è consigliabile percorrere il sentiero delle Scalelle: è una gita davvero entusiasmante e si svolge sostanzialmente proseguendo lungo il fiume Orfento, poco prima che questi si getti nell’Orta. Proseguendo lungo il percorso, nell’aria non si sente altro che il rumoreggiare del fiume, visibile dalla prima delle quattro passerelle presenti lungo il percorso. Gli alberi si contorcono in maniera scenica al di sopra dei visitatori e man mano tendono sempre di più a chiudere la visuale del cielo. Fra imponenti pareti rocciose, camminate con i piedi nell’acqua e raggi di luce che squarciano di tanto in tanto la fitta vegetazione, si arriva purtroppo ad un tratto di fiume dove l’acqua comincia a perdere il suo splendore, a causa di alcuni scarichi urbani provenienti da Caramanico. Dopo le altre tre passerelle, dal basso si arriva finalmente ad ammirare il Ponte di Caramanico, in uno scenario dal gusto quasi surreale. Infine, al termine di quest’ultimo tratto di percorso interamente in salita, si arriva sul ponte, il punto d’arrivo dell’escursione, durata poco più di un’ora: la profonda gola appena percorsa appare ora dall’alto e, quindi, da un ulteriore e sorprendente punto di vista.

Introdacqua, il Medioevo aquilano
A circa un’ora e un quarto di auto dalla Valle dell’Orfento, merita senz’altro una capatina l’antico borgo medievale di Introdacqua, nella provincia de L’Aquila. Sorge sul lato meridionale della Valle Peligna, circondato da boschi e pinete, nell’Abruzzo aquilano alle pendici del Monte Genzana, rilievo che si trova ad un’altezza di ben 2170 metri e sul quale gli appassionati della montagna e del trekking non potranno sicuramente rinunciare a salire. Introdacqua offre molteplici testimonianze preistoriche e protostoriche, tracce del passaggio di popoli italici, dei romani e persino dei longobardi. Il centro del borgo medioevale, conosciuto come “lu Castielle” (il Castello), è rinomato per la presenza della Torre fortificata medioevale fra le più conservate in Italia. Con uno sguardo attento alla natura circostante è impossibile non notare il panorama, colorato da una variegata vegetazione: dal famoso “pino nero”, pianta tipica di Introdacqua, ai faggi, le querce, i pioppi, a seconda del clima e della stagione. Al di là dell’orizzonte del nostro sguardo, cresce poi la genziana, pianta protetta dalla Regione Abruzzo da cui prende il nome il Monte Genzana, dove si aggirano molte presenze tipiche del luogo, quali l’orso marsicano, lupi, cervi, caprioli, rapaci diurni come falchi ed aquile. Se il grazioso e tranquillo centro storico di Introdacqua delizia e sorprende i visitatori, i panorami sulla Conca Peligna e sulla Majella riempiono gli animi di meraviglia.

Anversa degli Abruzzi, nella Valle del Sagittario
L’indecisione fa da padrona, quando ci si trova a dover scegliere fra i tanti posti interessanti e degni di una visita. Proseguendo per quindici minuti in automobile da Introdacqua, ci si imbatte in Anversa degli Abruzzi, un altro piccolissimo centro dall’inaspettato fascino e per questo inserito fra i Borghi più belli d’Italia. Salendo in auto, ci si ritrova direttamente all’ingresso di questo piccolo e suggestivo comune di soli 317 abitanti incluso nella comunità montana Peligna, nel quale si ha la possibilità di rilassarsi con una visita al bellissimo centro medievale, ma anche di dilettarsi in una piacevole escursione presso la Riserva naturale “Gole del Sagittario”. La cinta costituita da una serie abitazioni circoscrive l’antica cittadella, su cui si ergono i resti del Castello dei Normanni, antica residenza dei Conti di Sangro ed in seguito dei Belprato, divenuto un antico punto di riferimento culturale grazie al frequente viavai di studiosi ed intellettuali dell’epoca. La rocca dei Sangro è diventata molto più nota e celebre da quando Gabriele D’Annunzio l’ha utilizzata come ambientazione per la tragedia “La fiaccola sotto il moggio”, un riferimento che ha permesso ad Anversa di essere inclusa nei parchi letterari del circuito “I Parchi letterari”: è interessante il fatto che questo ente organizzi attività collegate ai luoghi ed alle opere del poeta. Girovagando per il centro storico, ci si imbatte in una serie di edifici dal notevole pregio artistico, distribuiti fra le stradine del piccolo paese, come le “Case dei Lombardi”, costruite fra il 1400 ed il 1600, la chiesa della Madonna delle Grazie del XVI secolo e la chiesa di San Marcello, abbellita da un suggestivo portale gotico. Non resta che godersi, nei ritagli di tempo, la magica atmosfera della piazza centrale del paese, su una panchina o sedendo al tavolino di un bar.

Il lago di Scanno, luogo “del cuore”
C’è chi lo ritiene uno dei posti più belli e spettacolari d’Italia. Chi pensa che la sua esistenza sia frutto di una qualche magia o vada ricercata nelle tante leggende popolari. Chi, infine, quando ne sente parlare non crede possa davvero esistere un luogo così singolare. E’ proprio lui, il misterioso lago a forma di cuore che si trova a Scanno, di nuovo nella provincia de L’Aquila, tra la Valle del Sagittario ed i borghi di Villalago e Scanno, proseguendo da Anversa per circa venti minuti in auto. Il lago di Scanno è il più grande lago naturale d’Abruzzo: non tutti sanno, infatti, che la maggioranza dei laghi della regione sono stati realizzati artificialmente per la produzione di energia elettrica. Il lago di Scanno, invece, si è formato del tutto naturalmente, in seguito ad una frana proveniente dal Monte Genzana, che ha sbarrato il corso del fiume Tasso dando origine al lago, alla fine dell’ultima era glaciale. Lo specchio d’acqua è situato a circa 922 metri sopra il livello del mare, motivo per cui, d’inverno può capitare ch’esso ghiacci. Prima o dopo la gita sulle sponde del lago, il borgo di Scanno non può mancare d’esser visitato: divenuto ormai mèta di fotografi e turisti di tutto il mondo ed inserito nella lista dei Borghi più belli d’Italia, conserva un gusto davvero caratteristico, anche per la sporadica presenza delle anziane donne del paese in abito tradizionale. Questo luogo richiede, o comunque merita, che vi si dedichi un’intera giornata: con una profondità che non supera i 32 metri, ha conquistato la bandiera blu ed è perciò interamente balneabile. Nelle stagioni meno assolate è l’ideale per una sosta rilassante, ma d’estate è assolutamente imperdibile se si vuole prendere il sole e fare un bagno rigenerante, oltre ad un’escursione nella natura circostante. Una delle cose che colpiscono di più sono le sue acque color smeraldo, dovute alla presenza di alghe e microrganismi acquatici al loro interno, ma anche alla flora dei monti circostanti che si riflette e si specchia nel suo cuore. Sono presenti: una Chiesa, chiamata “Chiesa della Madonna del Lago”, luogo molto sentito dagli abitanti del luogo ed il cui altare è situato su una parete di roccia naturale, una spiaggia attrezzata, percorsi di mountain bike, la possibilità di noleggiare bici e risciò, un’area giochi per i più piccoli, un’area camper, barchette a remi, canoe e la possibilità di praticare windsurf. Ma la cosa che più affascina i visitatori e che probabilmente capiterà di ascoltare camminando per le vie del borgo, magari da qualche abitante del luogo, sono le leggende che avvolgono la nascita del lago, relative a re, battaglie e creature fantastiche. Innanzitutto va precisato, a malincuore, che la forma del lago non è realmente quella di un cuore: semplicemente, da alcuni punti panoramici la prospettiva lo mostra con quella forma. Difatti, non lontano vi è un sentiero, chiamato appunto “Sentiero del Cuore”, che in poco più di un’ora di cammino conduce al punto panoramico più bello del luogo, probabilmente uno dei più belli in assoluto di tutto l’Abruzzo. L’escursione è davvero un’esperienza consigliata, da assaporare passo dopo passo, ammirando il panorama che si staglia tutt’intorno e che termina con una fantastica visuale del lago dall’alto. Lungo il percorso ci si imbatte poi in un edificio degno di nota: l’Eremo di Sant’Egidio, santo a cui gli scannesi attribuiscono il miracolo di aver liberato il paese dalla peste del 1656. A prescindere da qualsivoglia tipo di storia o leggenda, in tempi recenti il lago di Scanno è stato lo scenario di strani avvenimenti: il livello dell’acqua sceso di sei metri in meno di un anno, un’improvvisa perdita della rotta nord da parte delle bussole dei sommozzatori immerse nell’acqua, pesci che muoiono senza una ragione, strani oggetti sepolti nel fondale e, infine, armi e rifornimenti della seconda guerra mondiale che riemergono improvvisamente. Una lunga serie di coincidenze razionalmente spiegabili, che hanno però contribuito a rafforzare l’aura magica e misteriosa che pervade questo luogo.

Pescocostanzo, il paese dei fili intrecciati
Per arrivare alla decima ed ultima tappa del tour è necessario rimettersi in marcia e percorrere la statale in auto per poco più di un’ora, fino a Pescocostanzo, graziosissimo borgo caratterizzato da tradizionali case con scala esterna e tettoie sporgenti, adornate spesso da splendidi fiori di colori sempre differenti. Fin dal Medioevo, il borgo si è distinto come fiorente centro di attività artigianali: è soprannominato “il paese dei fili intrecciati” poiché già in tempi antichi era la patria dei merletti, della filigrana, degli arazzi, ma anche del ferro battuto, un prodotto caratteristico del luogo, di cui camminando per le vie del borgo si ritrova la presenza in molte storiche botteghe artigianali. Visitando Pescocostanzo si rimane a bocca aperta, si ha l’impressione che il tempo si sia fermato in questo piccolo luogo straordinario, dove il legame con l’artigianato e con le tradizioni viene ricordato annualmente con la “Festa degli antichi mestieri”. Il centro storico conserva ancora l’antico assetto urbanistico ed è costellato di edifici barocchi e rinascimentali, che assieme alle tipiche abitazioni a schiera donano al paesino un’architettura davvero straordinaria. Nel periodo estivo, Pescocostanzo appare sorprendentemente frequentato, affollato e pieno di vita ma soprattutto di eleganza e raffinatezza, sia per quanto riguarda la conservazione degli ambienti, sia per lo spirito di coloro che lo popolano. Fra un negozietto ed un altro, è bene tenere a mente le cose a cui vale la pena rivolgere uno sguardo più attento: la Basilica di Santa Maria del Colle, che con la sua fitta scalinata domina il centro della piazza principale e diventa un punto di sosta e di ritrovo per i giovani del posto ma anche per i turisti; Palazzo Fanzago, un palazzo storico che ospita il museo dei merletti e del tombolo; il Municipio e la Fontana della piazza del Municipio; senza tralasciare, ovviamente, tutte quelle botteghe, quelle antiche pasticcerie e quegli antichi forni che producono ancora seguendo le antiche tradizioni. Entrandovi, ma anche rimanendo ad osservare dall’esterno, ci si accorge di come questi luoghi sappiano riportare gli animi indietro nel tempo ed addolcire i cuori in maniera unica ed inimitabile. Come solo l’Abruzzo, in ogni sua sfaccettatura, è in grado di fare!
Foto Michela Ludovici