Pechino, Cina.
Pechino è una metropoli che sfugge a qualsivoglia tentativo di comprensione sintetica, logica, razionale. La realtà di Beijing, quella che per i cinesi è, molto semplicemente, la Città del nord, è complessa e spesso inafferrabile, specialmente per un osservatore non cinese. Non soltanto per le dimensioni, che raggiungono cifre da primato, con una superficie dell’area metropolitana pari a quella dell’intero Lazio ed una popolazione complessiva di quasi 20.000.000 di abitanti. L’intricata trama urbana è figlia di una storia plurisecolare che attraversa dinastie, conquiste, saccheggi, mutamenti culturali, scoperte scientifiche, incontri e scontri tra civiltà, nei quali Pechino è quasi sempre stata una città centrale, sia politicamente che culturalmente. Il perdurare nel tempo della centralità di Pechino spiega, almeno in parte, la molteplicità che s’incontra viaggiando per i quartieri della città, sia da un punto di vista sociale, sia da un punto di vista architettonico.
L’enorme complessità sociale deriva da decine di secoli in cui migliaia e migliaia d’impronte culturali si sono sedimentate e stratificate nella città, dando forma ad un intricato e cangiante canovaccio di tradizioni, identità, credenze, discendenze, genealogie e appartenenze etniche differenti.
Flussi migratori imponenti hanno attratto popolazioni diversissime dentro il suo grande grembo, trasformando così Pechino in un coacervo di tradizioni, storie, biografie, tutte quante rigidamente incapsulate in un’identità cinese sempre più forte e pervasiva.
Architettonicamente parlando, Pechino è una kermesse di diversità altrettanto spettacolari. Il lascito dei vari periodi d’oro della città si fonde con una contemporaneità completamente rivolta al futuro. Edifici antichi sorgono al fianco di monumentali grattacieli, simbolo di una vitalità economica che non ha uguali nel mondo.
Girando per i quartieri storici di Pechino, perdendosi nell’intricato sottobosco degli hutong, gli stretti vicoli pechinesi, tra ideogrammi, luci colorate, risciò e case tradizionali, con imponenti opere ingegneristiche dal design postmoderno che sorgono qua e là come golem, si ha un po’ come la sensazione di smarrirsi all’interno di un grande vulcano in eruzione.
Si percepisce con forza l’energia che muove quello che, a tutti gli effetti, può essere considerato come uno dei poli urbani più importanti dell’intero globo. E questa sensazione di essere al centro del mondo, in un luogo animato da una linfa vitale fortissima, è amplificata dalla consapevolezza che la visione del futuro della Pechino contemporanea non si regge solamente su un abbacinante ed illusorio sogno di modernità che scimmiotta l’originale d’occidente. La Cina è una delle nazioni più antiche del mondo e l’eco della sua tradizione millenaria sorregge ed accompagna ogni sua spinta verso un percorso di modernizzazione decisamente originale, frutto anche di una profonda consapevolezza dell’imprescindibilità della Cina nel mondo contemporaneo.
Un viaggio nella Pechino del XXI secolo è un viaggio nella storia, un viaggio tra passato, presente e futuro, con la freccia del tempo non sempre configurata nella direzione che ci si aspetta.
Perdersi per Pechino significa anche lasciarsi trasportare in un flusso temporale indeterminato e insospettabilmente anarchico. Linee di confine invisibili dividono i quartieri tradizionali da quelli più moderni, anche se sempre più di frequente è possibile incontrare passato e futuro nello stesso istante, come in un paradosso temporale, ora all’interno di un ristorante tradizionale, dove le antiche etichette si mischiano alle nuove forme di aggregazione giovanile, ora per strada, dove vecchi e nuovi modi di comunicare, di salutarsi, si muoversi, di comprendersi, si fondono per formare nuove sintesi, nuovi rituali, nuovi paradossi.
I classici percorsi turistici pechinesi vertono inesorabilmente sui luoghi simbolo della città, quei luoghi che, per vari motivi, concentrano la storia in un’entità circoscritta, in uno spazio dai confini ben definiti e visibili. La gigantesca piazza Tienanmen, condensato di storia e potenza, è il luogo che ha celebrato la nascita, nel 1949, della Repubblica Popolare Cinese. Al suo interno troviamo il Monumento agli Eroi del Popolo ed il Mausoleo di Mao. La piazza è divenuta anche simbolo tristemente famoso a causa delle proteste di piazza del 1989, in un paese che è la seconda economia mondiale ma che al suo interno vive ancora lacerazioni e disuguaglianze difficili da comprendere agli occhi di un occidentale. Altro simbolo della potenza e della storia cinese è la Città Proibita, patrimonio culturale dell’umanità e antica residenza imperiale, che con le sue 9.999 stanze e un’area edificata di 150.000 metri quadrati rappresenta più di ogni altra cosa gli antichi fasti dell’impero cinese, orgoglio di una Cina moderna che ancora oggi ama volgersi indietro per ammirare sé stessa. Altri monumenti ed attrazioni da visitare, molti dei quali sono inseriti nella lista Unesco dei patrimoni mondiali dell’umanità, sono il Tempio del Cielo, il più grande complesso templare presente attualmente in Cina; i Giardini Imperiali, tra i quali il Palazzo d’Estate, il Parco Beihai, il Giardino della Residenza del Principe Gong, lo Yuanmingyuan o Giardino della Perfezione e della Lucentezza. Appena al di fuori della città altri incredibili luoghi da visitare sono la Grande Muraglia Cinese, di cui il tratto di Badaling, quello tra i meglio conservati dell’intera opera, è il più accessibile dalla città, con autobus e collegamenti ferroviari a tutte le ore del giorno, e poi ancora il sito dell’Homo Pekinensis a Zhoukoudian, le meravigliose Tombe Ming o le imponenti Terme Longmai a Xiaotangshan.
Al di fuori dei percorsi turistici classici, Pechino offre al visitatore un novero infinito di possibilità, alcune delle quali regalano scorci di una città totalmente immersa nel flusso della modernità. Se il viaggio a Pechino difficilmente può prescindere dai suoi luoghi storici, molti visitatori vorranno immergersi nella vitalità dei nuovi quartieri, progettati da architetti di fama internazionali o sorti spontaneamente come opere d’arte collettive, spesso nati sulle macerie di vecchi quartieri o di zone industriali dismesse. E’ qui che designer, artisti, progettisti e visionari disegnano il futuro della città, creando le forme e le relazioni sulle quali la Pechino di domani si presenterà al mondo intero. Ed è in queste aree vivaci, vitali, giovani e cosmopolite che si concentrano le migliori occasioni per il divertimento e l’incontro con la Pechino pulsante del XXI secolo.
La 798 Art Zone e Sanlitun sono due realtà nuove e posseggono entrambe le caratteristiche appena tracciate: entrambe sono figlie di rivitalizzazioni d’area, entrambe si sono plasmate all’interno della cornice di globalità diffusa che sta attraversando alcune parti della città più inclini al confronto multiculturale. I risultati, tuttavia, nonostante la somiglianza degli stimoli e dei progetti di sviluppo, possono essere molto diversi. Mentre alcuni quartieri, e tra questi c’è sicuramente la 798 Art Zone, sono più inclini all’utilizzo di pratiche, riferimenti e modelli espressivi originali, altri quartieri, come Sanlitun, si dimostrano più propensi all’adozione di stili di vita e modelli occidentali.
798 ART ZONE: CULTURA ALTA E ARTISTICITA’
Questo quartiere, chiamato anche Dashanzi Art District, è un esempio di mutazione genetica di un’area pechinese, una delle moltissime realtà in trasformazione nella Pechino contemporanea, che distrugge e ricostruisce sé stessa ad un ritmo vertiginoso. Dopo un’incubazione di circa un ventennio, nel quale alcuni artisti l’hanno eletto come loro dimora artistica, questo ex distretto industriale di periferia si è trasformato in un gigantesca vetrina per i movimenti artistici di tutto il mondo, comparato spesso al quartiere newyorchese di Greenwich Village oppure a Soho.
L’area nasce originariamente come fabbrica militare, figlia di un progetto congiunto di ingegneri ed architetti provenienti dalla Germania dell’Est, dall’URSS e dalla Cina. Il faraonico progetto, uno dei più grandi e costosi realizzati nella Cina di quegli anni, ha la particolarità di essere stato realizzato secondo lo stile Bauhaus, che privilegia la razionalità delle costruzioni, in una tensione che vede uso e funzione trasformarsi nei principi cardine che guidano l’intera fase creativa e progettuale. Sono l’attrattività dello stile Bauhaus, assieme alle grandi superfici coinvolte e alla posizione decentrata eppure vicina al centro, i motivi che attraggono i primi pionieri del Dashanzi Art District nel 1984. Nel 1995 la Central Academy of Fine Arts (CAFA) di Pechino trova nella defunta Factory 706, edificio interno al distretto, una soluzione economica, spaziosa e lontana dalla downtown che possa ospitare il proprio workshop space. Da lì in poi le occupazioni si moltiplicano, e nel giro di pochi anni il quartiere si trasforma in una vera e propria fucina di art design, con alcuni tra i più importanti designer, architetti ed artisti cinesi ed internazionali che scelgono il quartiere per insediarsi con almeno uno shop di rappresentanza o un’esposizione permanente. Tanto per citarne alcuni, nel 2001 l’americano Robert Bernell sposta la sua Timezone 8 Art Books, libreria specializzata in libri d’arte, architettura, fotografia e design, con una parte dedicata a mostre ed eventi legati all’arte contemporanea. Nel 2002 è la volta del giapponese Tabata Yukitho, che all’interno di uno spazio di 400 m² fonda il Beijing Tokyo Art Projects, prolungamento cinese della della Tokyo Gallery. Gli anni successivi vedono la fioritura di nuove attività ed esposizioni legate al mondo dell’arte contemporanea. Schiere di artisti e designer, attratti dagli spazi post-industriali del quartiere, s’insediano nella zona, rinnovandone l’estetica e preservando il legame con il passato, compresi gli slogan maoisti, che danno un ironico tocco “Mao Kitsch” all’intera area. La prima Beijing Biennale si tiene nel 2003. Successivamente è la volta del primo Dashanzi International Art Festival. La popolarità del quartiere aumenta vertiginosamente, attraendo altri galleristi famosi, compagnie di design, firme internazionali della moda, negozi e brand internazionali, come Sony, Omega, Christian Dior, Royal Dutch Shell. Proliferano caffè e ristoranti di lusso. Vengono organizzati eventi con musicisti di calibro internazionale, come ad esempio il concerto dei Morcheeba nel marzo del 2003. L’avvento delle Olimpiadi del 2008, che vede per l’occasione la partecipazione di numerosi artisti e designer provenienti proprio dalla 798 Art Zone, segna il definitivo ingresso del quartiere nel novero delle zone più (radical) chic di Pechino, un vero connubio tra arte e lusso, innovazione e show-business, in cui gallerie e spazi espositivi sempre più innovativi convivono con nuove manifestazioni di un’esibizione spesso eccessiva e strabordante.
Uno dei modi migliori per vivere questa inebriante realtà è immergervisi senza troppi riferimenti e programmi. Percorrendo a piedi il quartiere sarà possibile visitare sia le esposizione temporanee più particolari, con pezzi inediti e d’avanguardia, incontrando artisti underground ed imbattendosi in installazioni decisamente cool, sia le gallerie più famose, quelle che internazionalmente vengono associate al nome stesso della 798 Art Zone. Tra queste menzioniamo:
- Long March Space con dipinti, foto, installazioni e video, assolutamente da non perdere.
- Chinese Contemporary Beijing, piccola galleria dedicata ad artisti locali emergenti, dall’avanguardista Huang Rui al political pop di Wang Guangyi, fino al realismo iconico di Zhang Xiaogan.
- 798 Space, uno tra i più importanti ed estesi spazi espositivi all’interno del Dashanzi Art District.
Dove bere e mangiare:
- Lord of Salt (Dashanzi, 2 Jiuxianqiao, 798, Chaoyang District): questo ristorante è conosciuto in tutta Pechino per le sue rivisitazioni di classici della cucina Sichuan, caratterizzata dalla presenza di sapori forti e piccanti.
- At café (4 Jiuxianqiao Rd.): locale per gli amanti del caffè. Il proprietario, Huang Rui, è sicuro che il suo caffè sia molto migliore di quello di Starbucks’
- Vincent Cafè (Dashanzi, 2 Jiuxianqiao, 798, Chaoyang District): sapori bretoni e francesi in terra orientale. Sapori di mare e di terra, crepês e vino francese.
Dove dormire:
- Grace Beijing: oasi di lusso con una particolare attenzione al design nel cuore del 798 Art District
SANLITUN
Sanlitun è un’area del Chaoyang District, un distretto giovane ed in costante trasformazione. Nato come quartiere destinato alle delegazioni internazionali, alle ambasciate ed in genere all’attività diplomatica della capitale, Sanlitun inizia a crescere a partire dagli anni ’80, quando alle riforme economiche dell’epoca, che permisero ed incentivarono l’iniziativa privata, seguì un’incessante crescita del numero di bar e ristoranti, aperti sia da immigrati stranieri che da cinesi. La crescita del quartiere attrasse nuovi investitori, tra cui numerosi brand internazionali di hotel, i quali investirono, a loro volta, su un costante e imponente marketing di zona, facendo di Sanlitun un’area capace di attrarre brand di livello internazionale, nuove tendenze della moda e del design e turisti alla ricerca di una zona glamour, con club e locali alla moda in cui vivere una movida pechinese di levatura internazionale. Ma Sanlitun non è solamente locali notturni, ristoranti e centri commerciali. Sanlitun è esso stesso un museo a cielo aperto, nel quale passeggiare e guardarsi intorno può essere un’esperienza incredibile, sia per la bellezza e la particolarità delle realizzazioni e degli edifici, sia per la particolare atmosfera cosmopolita che qui si respira. L’anima del quartiere resta ancorata alla realtà delle ambasciate e del contatto continuo con gli stranieri di tutto il mondo. Qui, anche quando imperava incontrastata l’economia pianificata, si potevano trovare e vedere prodotti, di chiara provenienza occidentale, che in altre parti della città sarebbe stato impossibile scovare. Gli occidentali, disseminando nell’area gomme per l’inchiostro, biciclette con le marce e scarpe originali della Nike, crearono la consapevolezza dell’esistenza, là fuori, di un mondo alieno, incredibile, variegato, infinitamente luccicante, dai colori della bandiera americana. Ed in effetti quando Sanlitun diede avvio alla sua fase di sviluppo, l’influenza dello stile occidentale fu subito evidente: dall’arredo urbano all’architettura degli edifici, dai format dei locali notturni agli abiti occidentali indossati con naturalezza dagli abitanti. Tuttavia l’assorbimento di codici culturali occidentali trovò un certo freno in quella creatività cinese che in altri quartieri, come ad esempio la 798 Art Zone, ha avuto la possibilità di germogliare fin dall’inizio. Oggi Sanlitum è una commistione di stili, rappresenta la resistenza del gigante cinese all’imperante tentativo di colonizzazione del capitalismo americano.
Gli amanti dello shopping potranno vivere il quartiere come un paese dei balocchi. A Sanlitum sono presenti praticamente tutti i brand più importanti del mondo, molti dei quali sono concentrati nel nuovissimo centro commerciale Village, suddiviso in Village South, ispirato nella sua realizzazione agli hutong pechinesi, costituito da un reticolo di sentieri e passaggi veramente caratteristico. Village North, invece, raccoglie una selezione di negozi del settore lusso, sia di brand internazionali famosi, come Rolex ed Emporio Armani, sia store di designer locali leader nella produzione di articoli di lusso.
Tra i marchi con una vetrina sul quartiere ricordiamo, oltre a quelli citati, American Apparel, il primo store cinese della Apple, Adidas, presente in zona con il negozio più grande del mondo, e poi ancora Nike, Uni Qlo, Dior, Versace, Moncler e moltissimi altri.
Nightlife
- Il locale più famoso e cool di Sanlitun è forse il Bar Blu, per passare serate e notti di divertimento sfrenato.
- La terrazza del Kokomo, lounge bar a tema caraibico decisamente modaiolo, offre una delle vedute sullo skyline più suggestive dell’intera città.
- Vero design postomoderno al Migas, che d’estate si trasforma in avveniristico rooftop bar, con sedute a forma d’uovo e cactus che s’allungano imponenti verso il cielo.
Dove dormire
- The Opposite House è uno dei migliori hotel della città ed è posizionato tra Sanlitun nord e Sanlitun sud, proprio nel cuore del quartiere.
Ivan Burroni