L’opera di grande impatto di Elend Zyma, pensata per il 25 novembre, Giornata internazionale contro la violenza sulle donne e, per motivi tecnici, presentata in occasione della Festa della donna, è un tributo alle 107 donne che hanno perso la vita a causa del femminicidio, in Italia, nell’ultimo anno. In collaborazione con la casa circondariale di Monza, la scuola Don Milani di Vimercate, il plesso Don Saltini di Oreno e il centro educativo Carrobiolo di Monza. L’installazione rimarrà in piazza Duomo venerdì 7 e sabato 8 marzo.
Monza, Italia.
Tutte in fila, schierate come su un campo di battaglia, sembrano un esercito: un esercito compatto, color rosso fuoco, che grida giustizia.
105 manichini rossi
I circa 100 manichini dell’installazione Donne in rosso di Elend Zyma, “comparse” all’alba di venerdì 7 marzo in piazza Duomo a Monza, rappresentano le vittime di femminicidio nel solo 2024 in Italia.
“Ok i titoli di giornale, “107 vittime di violenza sulle donne”, ma quante sono 107 donne? Quanto spazio occupano?” si chiede l’artista albanese, “Ragioniamo sempre sul vuoto che lasciano questi crimini ma l’atto principale è il togliere (la vita), non ci sei più: con questa opera io in qualche modo ti riporto”.

Ripetizione numerica
La ripetizione numerica, che tuttavia non è uniformità (ogni manichino differisce leggermente dagli altri nella forma e nella posizione), carica l’opera di una grandissima potenza simbolica. Resa ancora più suggestiva dalla trasmissione in loop della composizione Il grido del silenzio. Donne in rosso, del musicista francese Thierry Terranova.
Un segno grafico sul cuore
Ogni manichino porta un segno grafico bianco dipinto più o meno all’altezza del cuore, una specie di scritta, riportata anche nel titolo Donne in rosso. “Sono tre linee che unite compongo la scritta “in”, ma sono anche il segno con cui si contano i giorni, soprattutto dietro le sbarre, è il modo dei carcerati di contare i giorni che li separano dalla libertà”. L’intera opera è stata realizzata con la collaborazione dei detenuti della casa circondariale di Monza e di alcuni giovani della scuola Don Milani di Vimercate, il plesso Don Saltini di Oreno e il centro educativo Carrobiolo dell’impresa sociale Il Carro.

Il laboratorio in carcere
“All’inizio il progetto, che è nato in collaborazione con don Augusto, ex cappellano in carcere, e grazie alla direttrice Cosima Buccoliero, ha coinvolto circa cinquanta volontari, che sono poi diventati quindici. Non tutti se la sono sentita di andare avanti, alcuni non sono neanche riusciti a cominciare, per alcuni toccare un manichino con la forma del corpo di una donna era un’esperienza troppo forte.
Manichino/oggetto
La simbologia dell’oggetto/manichino è forte perché gli uomini che compiono questi atti riducono le donne a oggetti; con quest’opera ho voluto ridare vita e dignità a quelle donne che non ci sono più, riportarle nella quotidianità di cui sono state private. I detenuti hanno dipinto 99 manichini, altri 5 sono stati dipinti dai ragazzi, io ne ho dipinto solo uno. Lo scopo non è stato dipingere ma riflettere attraverso la pittura.
È il secondo progetto artistico che porto avanti con i detenuti del carcere di Monza, il primo si intitolava “Evasione”. Vorrei esportarlo in altre carceri, anche fuori dall’Italia”.

Video con i detenuti
Le fasi del laboratorio creativo e del percorso interiore compiuto tra le mura del carcere sono documentate in un video che verrà trasmesso sabato 8 marzo, a partire dalle 16, insieme alla performance di Thierry Terranova che eseguirà dal vivo la composizione ispirata a Donne in rosso e delle ballerine della scuola di danza Il sogno di Brianza.
Su tre donne, due non ce l’hanno fatta
Ma i significati simbolici non si fermano: “Quel segno significa anche tre individui, di cui due barrati: su tre donne vittime di violenza, due non ce l’hanno fatta. Ci sono tanti modi di vivere la violenza, di sentirsi in prigione. Con quest’opera vorrei dare voce a tutti i tipi mancanza di libertà. Il colore rosso per me non è soltanto sangue o morte; ma festa. Anche per questo ho scelto il titolo “Donne in rosso”: vorrei che le donne tornassero a vestire di rosso per fare festa”.

Foto di gruppo degli artefici della manifestazione. Ultimo a destra l’artista Elend Zyma
L’alba di un nuovo giorno
L’installazione vibra con la luce: l’intenzione di Zyma era che con lo spuntare del sole sulla piazza i manichini, uno dopo l’altro, si accendessero di calore a simboleggiare l’alba di un nuovo giorno, che fosse anche l’alba di una nuova era, senza più violenza sulle donne.
Live painting
“Domani porterò i due manichini che mancano nell’installazione (composta di 105 pezzi, ndr) per una sorpresa: una pittura dal vivo, perché il fenomeno del femminicidio non è un fatto compiuto, mentre noi siamo qui a parlarne sta capitando!”.
Photo Elena Borravicchio