In scena dal 3 settembre, al Padiglione d’Arte della Fondazione Luigi Rovati, la mostra Peter Gabriel. Frammentazione dell’identità, capitolo conclusivo del ciclo “Echoes. Origini e rimandi dell’art rock britannico”, un’occasione per esplorare la complessità e la poliedricità dell’artista: anima dei Genesis nei primi anni e protagonista poi di una straordinaria carriera solista, Gabriel ha fatto della maschera e della trasformazione il segno distintivo di un percorso in cui arte, musica e società si intrecciano.
Milano, Italia.
In scena dal 3 settembre, al Padiglione d’Arte della Fondazione Luigi Rovati, la mostra Peter Gabriel. Frammentazione dell’identità, capitolo conclusivo del ciclo “Echoes. Origini e rimandi dell’art rock britannico”, un’occasione per esplorare la complessità e la poliedricità dell’artista: anima dei Genesis nei primi anni e protagonista poi di una straordinaria carriera solista, Gabriel ha fatto della maschera e della trasformazione il segno distintivo di un percorso in cui arte, musica e società si intrecciano.

L’esposizione
L’esposizione (3 settembre – 26 ottobre 2025) presenta l’art work originale dello studio Hipgnosis per The Lamb Lies Down on Broadway (1974) dei Genesis, accompagnato dal carteggio tra Gabriel e Storm Thorgerson, che rivela il ruolo attivo del musicista nella creazione di un universo concettuale affine alle neoavanguardie artistiche. Il percorso prosegue con le stampe fine art firmate da Thorgerson e da Gabriel delle copertine di Car (1977), Scratch (1978) e Melt (1980), i primi tre album da solista del musicista.
Accanto, spicca l’intenso primo piano del volto dell’artista realizzato dalla figlia Anna Gabriel, fotografa e filmmaker, tratto dalla serie EYE‑D, un progetto in cui gli occhi di celebri personalità diventano ritratti intimi e potenti, capaci di raccontare identità ed emozioni attraverso un solo dettaglio.
Focus sugli iconici travestimenti
Un focus particolare è dedicato agli iconici travestimenti dell’artista: dalla donna-volpe di Foxtrot (1972) al visionario trucco di Shock the Monkey (1982), fissato in una foto di Guido Harari scattata in occasione del Festival di Sanremo 1983. Questi travestimenti rappresentano la dimensione performativa del rock, che negli anni Settanta diventa sempre più teatrale e sofisticata, specie tra le band che decostruiscono i codici della società consumistica.

Riferimenti artistici
Accanto a questi materiali, la mostra propone riferimenti artistici più ampi: dalla fotografia di Man Ray che ritrae Rose Sélavy (1921), alter ego femminile di Marcel Duchamp, alle opere di Keith Haring e Kiki Smith dedicate alla fragilità dell’essere umano — figure anonime e meccaniche per Haring; corpi trasfigurati e ambigui per Smith, tra fiaba e psicopatologia.
Oltre il rock progressivo, è il glam rock a emergere come spazio di riflessione collettiva: un invito a trasformare sé stessi e a interrogarsi sull’identità. L’identità frammentata di Gabriel, composta da molteplici parti che emergono in momenti diversi, diventa così chiave di lettura di un percorso artistico che lo porterà, infine, a “gettare la maschera” e affrontare la fragilità dell’uomo in epoca postmoderna.
Selezione della produzione discografica
Nell’atrio del Museo è esposta una selezione della produzione discografica di Peter Gabriel, insieme a innovativi progetti multimediali e interattivi su CD-ROM realizzati negli anni Novanta. Completano l’allestimento alcuni memorabilia originali, tra cui una serie di figurine Lego che rappresentano i celebri personaggi creati dall’artista durante il periodo con i Genesis: dalla donna-volpe di Foxtrot alla visionaria figura di The Flower.

La conclusione di Echoes. Origini e rimandi dell’art rock britannico
Con questo ultimo capitolo si conclude il ciclo Echoes. Origini e rimandi dell’’art rock britannico, che ha visto in sequenza due mostre, la prima dedicata ai Beatles e la seconda all’immaginario psichedelico legato alle band degli Yes, Genesis e Pink Floyd. Curato da Francesco Spampinato, il progetto mette in luce la portata culturale e sociale di un fenomeno scaturito dalle sinergie fra rock, arte d’avanguardia e comunicazione visiva nella Gran Bretagna degli anni Sessanta e Settanta.
La playlist su Radio Monte Carlo
Radio Monte Carlo è radio ufficiale di Echoes. Origini e rimandi dell’art rock britannico e per l’occasione il music designer Marco Fullone ha composto, traendo ispirazione dai contenuti della mostra e dalle copertine degli album cui si fa riferimento, una playlist dedicata disponibile gratuitamente sul canale Spotify della radio e in mostra tramite QR.
I brani selezionati appartengono ad artisti molto amati a livello planetario: dal sound irripetibile dei Beatles al prog rock di Pink Floyd, Yes, Genesis che si sposa con le immagini di Roger Dean o dello studio Hipgnosis, alla ricerca sull’integrazione tra rock, elettronica e world music che hanno caratterizzato la carriera solista di Peter Gabriel. Suggestioni musicali che questa mostra e la playlist che la accompagna raccolgono e amplificano in un percorso unico.
INFO
Per informazioni e dettagli, consultare www.fondazioneluigirovati.org/it
Photo Daniele Portanome per Fondazione Luigi Rovati