In scena al Teatro Binario 7 di Monza il primo festival intitolato “Binario Donne. Sguardi al femminile sul presente”, in collaborazione con Comune di Monza, ArcoDonna aps e Fondazione della comunità di Monza e Brianza. Un mese di spettacoli e incontri di avvicinamento alla Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne, per riflettere attraverso l’arte e la cultura a tutto tondo sulla dignità delle persone.
Monza. Italia.
I talenti si incontrano per sollevare il velo di ipocrisia che copre la violenza sulle donne, a qualunque latitudine.
ArcoDonna
La sera del 21 novembre, così come il pomeriggio del 19 ottobre, ArcoDonna aps, in collaborazione con Binario 7, ha fatto riflettere sulle ingiustizie di genere, invitando ospiti d’eccezione e promuovendo cultura.
Pari opportunità
A ottobre in Sala Picasso sono intervenuti la giudice Paola di Nicola Travaglini, il magistrato Francesco Menditto e la docente Sara Marsico, sul tema Dalle strade cittadine alle aule dei tribunali: quale parità?.
African Dreamers
Il 21 novembre invece, in preparazione alla Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne, è stato trasmesso in anteprima monzese il docufilm African Dreamers, five true stories, del collettivo di giornalisti Hic sunt leones, preceduto da un ottimo buffet etnico a cura di Fanta Tiemtore, presidente dell’associazione Mirage Burkina, che, tra le altre cose, promuove il progetto Riso secondo natura in Burkina Faso, in collaborazione con un consulente di Vercelli.
Una parola scomoda
“Africa è una parola scomoda – ha commentato la giornalista Barbara Rachetti, socia di ArcoDonna, che ha condotto la serata – oggi cercheremo di trattarlo con toni diversi da quelli che usa a volte la politica, non parleremo alla pancia ma al cuore, e lo faremo con delle storie, che è il modo più autentico”.
Tre anni di lavoro
Il film, frutto di un lavoro di tre anni e quattordici viaggi dei sette giornalisti amici, dal 2016 al 2019, racconta la storia di 5 ragazze, una più bella dell’altra, di una bellezza tenace, che racconta l’orgoglio di voler sopravvivere anche quando vivi nell’immondizia o lavori 365 giorni all’anno come domestica e hai anche il coraggio di coltivare un sogno. Una delle protagoniste, Mariam, della Costa d’Avorio, il suo sogno, imparare a cucire e aprire un suo negozio di vestiti, lo ha realizzato proprio grazie ad ArcoDonna che, con la mediazione di Angelo Ferrari, anima di Hic sunt leones e grande amico dell’associazione monzese, che purtroppo è mancato prima di poter vedere il film presentato in città, le ha regalato la prima macchina da cucire.
Una pellicola struggente
La pellicola è struggente: racconta l’Africa senza retorica, i paesaggi mozzafiato e la miseria, la gioia dei bambini e il dramma di vite oltre i margini della società. Concetti come sesso di sopravvivenza, camere di preghiera con riti per purificare le cosiddette streghe, mutilazione genitale femminile, matrimoni combinati a otto anni, bambini di strada ma anche educatori di strada, la Casa dei bambini di suor Natalina che accoglie i bambini accusati di stregoneria e insegna loro a perdonare e a cantare “Il pescatore” di De Andrè attraversano tutto il film e fanno piangere e sorridere, in egual misura.
La donna africana, un’immagine trsversale
“Noi parliamo di Africa come fosse un paese unico, ma l’Africa è un continente enorme, variegatissimo, composto di cinquanta paesi, un sacco di gruppi etnici, tribù, clan diversi, e poi in fondo ogni persona è diversa! – ha detto Francesco Cavalli, co produttore del docufilm e fotografo – C’è un solo elemento trasversale che accomuna tutti i paesi che ho visitato in Africa, l’immagine della donna africana che porta sulla testa un peso, acqua o cibo, e deve stare perfettamente dritta se no il peso cade. È il senso della speranza dell’Africa, l’unico vero riscatto passa attraverso le donne che, a differenza degli uomini (che, detto in estrema sintesi, fanno la guerra, combattono, vanno via), stanno, accudiscono, portano i pesi”.
Comunque ballano, sorridono
La visione di African Dreamers ha tenuto tutto il pubblico incollato alle sedie fino alla fine (nonostante alcuni problemi tecnici avessero ritardato l’inizio della proiezione). Il commento più bello, appena finito il film, è stato quello di Fatma Tiemtore: “Certi problemi se li guardi da questa parte del mondo hanno un impatto, se li guardi mentre ci sei dentro sembrano quasi la normalità; ma a parte questo, vedere questo film con tutte le difficoltà che mette in luce e vedere queste ragazze che comunque ballano, ridono, non smettono di sorridere e di sognare mi colpisce: penso che abbiamo ancora tanto da imparare”.
Impariamo dall’Africa!
INFO
teatro.binario7.org
associazionearcodonna.org
Photo Elena Borravicchio