Dal 18 luglio al 30 settembre 2025, la Mole Vanvitelliana di Ancona ospita Giorgio Cutini. Canto delle Stagioni, una grande mostra antologica dedicata a uno dei protagonisti più rilevanti della fotografia italiana contemporanea.
Ancona, Italia

Sopra, Giorgio Cutini, Grigio – Sibilla errante, 2022/2023.
Foto grande in alto, Giorgio Cutini, Egl’io – Vanità, 2018/2022
Un viaggio universale attraverso lo sguardo dell’artista
Oltre 200 opere, molte delle quali inedite, compongono il percorso espositivo, raccontando il lungo cammino artistico e umano di Giorgio Cutini. Canto delle Stagioni è molto più di una retrospettiva: è un racconto per immagini che tocca le età dell’uomo, attraversa emozioni e tempi, e si confronta con la memoria e l’identità.
La mostra si articola nelle suggestive sale della Mole Vanvitelliana seguendo una struttura tematica, che valorizza le serie più rappresentative dell’autore e le sue sperimentazioni più intime.
Il risultato è un viaggio profondo e meditativo, che rivela l’approccio intuitivo e concettuale con cui Cutini affronta ogni scatto.
La sua fotografia, lontana da ogni compiacimento estetico o luogo comune, mette in discussione l’immagine stessa, interrogando continuamente il senso del vedere.

Giorgio Cutini, Ombra del vento, 2023
Giorgio Cutini. Canto delle Stagioni
La mostra è un’occasione rara per riscoprire il lavoro di un artista che ha fatto della fotografia un linguaggio poetico e critico al tempo stesso, capace di raccontare l’essenza del tempo, della percezione e dell’anima umana.
Tra le serie presenti in mostra c’è Inquietudine, che racconta come l’eccedenza della natura e delle cose soggioghi l’artista e si sottragga costantemente al suo tentativo di controllo, facendo convivere uno stato di eccitazione, meraviglia e disagio; viene messa in dubbio la sicurezza della tecnica e della duplicazione del reale, e nascono così le condizioni per la scoperta di nuove possibilità espressive.
Silenzio è la serie in cui Cutini tende con sempre maggiore decisione al bianco e al nero assoluti: qui l’immagine del padre perduto in tenerissima età diventa occasione di riflessione sull’irriducibile assenza di cui vive la fotografia.
Requie(m) è il lavoro più recente del fotografo, spazio di quiete e di essenziale spiritualità che costruisce un’immagine di una minima riconoscibilità che contiene insieme un concetto di finito e infinito, di armonia dei paesaggi interiori approfonditi da dettagli simbolici e naturalistici.

Giorgio Cutini, Nero, 2022/2023
Una mostra che si articola come metafora percettiva
Il silenzio è vertigine, indagato dall’artista negli spazi sovrumani di un Appennino che diventa metafora di uno stato dell’anima, disposta a misurarsi con un silenzio potenzialmente definitivo.
“Tutto quello che l’autore scatta si identifica con lui, comprendendo nella sua identità anche una fase di compenetrazione col paesaggio, ovvero il geologico, la vegetazione e la terra. “Il Canto delle stagioni” espositivamente si articola come metafora percettiva nella sua interezza e, al tempo stesso, è anche un viaggio fatto di visioni o di affreschi dell’immaginazione. Il viaggio si ammanta della dimensione dell’infinito, ossia dell’oltre, dell’incommensurabile e del dialogo con l’altro.” – spiega il curatore della mostra Gabriele Perretta.
La solitudine è un tema frequente nella poetica di Cutini: la si trova quando la maturità esige un momento di sosta, un faccia a faccia diretto, che trova risposte solo nella solitudine, nell’opzione di un rapporto personale e individuale.
Un rapporto esemplificato nella serie Egl’io, dove la natura è protagonista tanto quanto l’artista: Cutini, infatti, interpella l’archetipo dell’albero in dialogo con se stesso, portando all’estremo il bisogno di identificazione con il paesaggio naturale e con la ricerca di una riflessione interiore.
Per saperne di più su Giorgio Cutini
Giorgio Cutini (1947) nasce fotografo, precocemente concentrato su una fotografia di ricerca attenta alle potenzialità espressive del mezzo tecnico e del processo di stampa anche grazie all’esperienza maturata presso agenzie di foto pubblicitarie.
Nel 1973-74 Cutini si interessa al primo tratto della pellicola fotografica del rullino, quello che raccoglie gli scatti involontari. Proprio questi frammenti, che documentano un evento visuale libero e non governato dagli stereotipi, diventano la sua prima esposizione Fotogramma recuperato (1973-82).
Ritrovando in Mulas una forte fonte d’ispirazione, incomincia a occuparsi della documentazione visuale del processo creativo di altri artisti. Giunto in prima battuta alla conclusione che non sia più possibile documentare con verità il lavoro dell’artista, Cutini reagisce riaffermando la vitalità dell’arte, attingibile nel superamento della fissità e nel movimento.
Dall’esperienza concettuale ha inizio un processo costruttivo volto a consegnare allo spettatore nuove possibilità di esperienza, sempre ancorate a una forte istanza narrativa e mai riducibili alla pura astrazione. La sua attenzione alla tecnica unita a una innata vocazione alla ricerca, tra l’altro, fa di lui un innovatore anche nel settore chirurgia segnando un importante avanzamento nell’applicazione della robotica e nella tecnica della laparoscopia.
Negli anni Novanta, Cutini suscita il forte interesse di Mario Giacomelli ed Enzo Carli con Omaggio ad Alberto Burri (1991). Da questo incontro scaturirà quel confronto serrato che porterà alla redazione del Manifesto “Passaggio di frontiera” (14 gennaio 1995).
Nel segno di questa nuova esperienza le linee di ricerca precedenti trova no una sintesi nuova che, soprattutto nell’ultimo decennio, porta Cutini sulla soglia di una fotografia intesa come traccia di una relazione con il mondo, non trascrizione di realtà nè mera espressione di uno stato emotivo. L’immagine si manifesta come un “non ancora”, un evento sorgivo e fondativo che rende possibile vedere diversamente, vedere qualcosa che l’artista non ha visto ma che si manifesta in forza del dono di esperienza di Cutini.

Giorgio Cutini, Grigio, 2022/2023
INFO
La mostra sarà visitabile tutti i giorni dalle 17 alle 21 (lunedì chiuso) fino al 30 settembre 2025 presso la Mole Vanvitelliana, simbolo della cultura visiva contemporanea marchigiana. L’esposizione, curata da Gabriele Perretta e organizzata dal Consiglio Regionale delle Marche in collaborazione con l’Assessorato alla Cultura del Comune di Ancona, offre un’immersione profonda nell’universo visivo e poetico del fotografo perugino.
Per prenotazioni: 333 6166898 – pinacoteca@anconaservizi.it
Photo courtesy of Maria Chiara Salvanelli | Press Office & Communication



