AGENDA VIAGGI HA INCONTRATO ALCUNI DEGLI CHEF PROTAGONISTI DI EASY FISH. LA RASSEGNA DEDICATA AL PESCE DELL’ALTO ADRIATICO, A LIGNANO SABBIADORO LO SCORSO GIUGNO. UN’OCCASIONE PER ASSAPORARE LA LORO CUCINA E CONOSCERLA DA VICINO.
Lignano Sabbiadoro, Italia
È stata la seconda edizione di “Easy Fish, il festival del Pesce dell’Alto Adriatico”. Accanto al pesce, protagonista assoluto, si sono alternati ai fornelli tanti chef, molti stellati, e uno scoppiettante Fabrizio Nonis, ricco di passione e competenza, a fare gli onori di casa.
Agenda Viaggi ha incontrato alcuni degli chef protagonisti degli show cooking di Easy Fish, che hanno reso il week end un gustoso appuntamento di alta cucina, sullo sfondo del mare di Lignano Sabbiadoro. Per conoscerli e per scoprire qualcosa di più sulla loro cucina.
Michele e Mattia Vacca: viaggiatori alla scoperta di nuovi ingredienti e abbinamenti
Sono due volti nuovi della ristorazione lignanese, con importanti esperienze professionali a fianco di chef stellati. I gemelli Michele e Mattia Vacca cercano di proporre una cucina innovativa per il territorio di Lignano Sabbiadoro. Amano molto viaggiare. E così il periodo invernale diventa per loro occasione di viaggi, alla costante scoperta di nuove materie prime da proporre durante la stagione estiva. Il ristorante di famiglia Ricky Hostaria, nella zona di Lignano Pineta, offre in due sale separate una proposta classica e una dallo stile informale. Una cucina semplice, basata sulla materia prima e sull’innovazione, senza però dimenticare la tradizione locale.
Michele, la cucina è un viaggio. E a voi piace viaggiare. Ci racconti un viaggio abbinato a un piatto?
Sì a noi viaggiare piace davvero tanto. Proprio uno dei piatti di questa sera, tartare di tonno al guacamole, è nato da un viaggio. In Perù. Eravamo nel distretto di Miraflores a Lima. I ragazzi proprietari dell’ostello in cui alloggiavamo avevano la passione della pesca. In particolare pescavano e affumicavano il tonno. Una mattina li abbiamo visti fare colazione a base di tonno e guacamole. La tentazione è stata immediata, ci siamo buttati anche noi. E per due due settimane abbiamo fatto colazione così. L’abbiamo trovato un abbinamento fantastico e quindi, al rientro, lo abbiamo riproposto nel nostro ristorante.
Altre scoperte?
L’ultimo viaggio che abbiamo fatto è stato nel Sud Est Asiatico, dove abbiamo scoperto il pepe di Kampot. Un pepe davvero eccezionale e uno dei più pregiati al mondo. Tra l’altro, il primo prodotto cambogiano essere stato certificato IGP. Anni fa era molto esportato in Francia. Abbiamo usato questo pepe in abbinamento ai finocchi.
Quante idee riuscite a importare dai vostri viaggi?
Amiamo scoprire ricette nuove, ma non tutte si riescono a riproporre agli italiani, anche perché il gusto è un po’ più tradizionale. Nella nostra cucina proponiamo guacamole sudamericano, piatti giapponesi o comunque di ispirazione giapponese. Come il temaki all’italiana nell’attuale menu. Una fedele riproposizione della cucina giapponese con un tocco italiano. Per esempio, non usiamo l’alga ma una semplice foglia di insalata. Cerchiamo di fondere la cucina di altre culture con quella italiana. Ci piace sperimentare.
Inverno, incubatole di idee?
Sì in inverno viaggiamo molto, cercando di capire le culture locali attraverso il cibo. Scoprendo cose nuove, senza tirarci indietro. Cerco di evitare i ristoranti quando viaggio, mi piace molto lo street food, un approccio diverso per scoprire i luoghi in cui mi trovo. L’inverno scorso abbiamo fatto un corso di cucina in Thailandia, semplice ma molto utile. Per esempio, siamo stati in un mercato locale con lo chef guida del corso, giovane e preparato, che ci ha fatto scoprire tutti i prodotti del posto, come spezie, basilico al limone, aglio locale. Un’esperienza molto interessante per scoprire nuovi gusti, come le foglie di kaffir, che sono le foglie dell’albero del lime, ottime per i piatti al curry.
Per te e per gli amici cosa cucini?
Per gli amici mi impegno molto, sempre però al ristorante. Mi piace molto cucinare per loro. Per me sono invece un po’ pigro. Preparo sempre qualcosa di veloce e mai troppo complicato. In questo periodo ho una predilezione per la cucina thailandese e per quella asiatica in generale. Quindi per me cucino sempre risi saltati con curry e verdure. In tutti i casi cerco sempre di cucinare sano. Perché alla fine si seguono anche principi del mangiare sano.
Carlo Nappo: esteta del piatto, amante del bello di qualità
Giovane, serio e audace. Soprattutto nei contrasti tra i vari ingredienti. Carlo Nappo è lo chef del ristorante Alla Catina di Pordenone. Ma anche dell’agriturismo quattro stelle Il Podere dell’Angelo a Pasiano (PN). I suoi due locali. Alle spalle, una lunga esperienza in prestigiosi ristoranti in diverse parti d’Italia, molti stellati, e con esperienze anche all’estero.
Giovanissimo, emergente ma anche già una star. Come è nata la tua passione per la cucina?
In un certo senso ho iniziato a fare questo lavoro molto presto. Un po’ per dovere. Siamo sette fratelli e mia madre lavorava. Così ero io a mettere l’acqua sul fuoco, poi arrivava lei a mezzogiorno a buttare la pasta. Oppure mi raccomandava di tenere d’occhio la pentola a pressione. Da questo frammento di ricordo, è nata fin da subito la voglia di cominciare a sperimentare. Mi ricordo che il primo piatto che ho fatto è stata la pasta con la Nutella. Terribile. Però mi è sempre piaciuta la ricerca della materia prima. Per me è la cosa fondamentale. Alle due due e mezza di mattina di solito vado ai mercati generali a Marano; compriamo il pesce dai pescatori e battiamo le aste. Poi una volta in cucina, lì inizia tutto.
La tua filosofia, il tuo stile?
Una cucina molto semplice, di base. Usare materia prima di qualità da lavorare il meno possibile. Però piatti belli. A me piace il bello e il bello ci deve essere sempre. È giusto che un piatto sia bello anche da vedere, non solo da mangiare. Deve piacere al primo impatto. Poi naturalmente deve essere buono. L’estetica per me è fondamentale, anche se non deve essere una falsa riga della qualità. Semplicemente, ci si impiega lo stesso tempo a presentare bene o male un piatto. Poi sta a ognuno di noi, alla propria inventiva nel creare il piatto. Come ho fatto oggi. Sono partito da una base semplice, tonno e zucchina, per arrivare a creare qualcosa di bello. Per me questa è la cucina: materia prima di prima qualità. La qualità non va mai messa in discussione, si parte da lì. Poi puoi abbinare la cosa più semplice o più difficile, ma la base resta la materia prima. E da lì puoi creare un grande piatto.
Uno degli ultimi accostamenti nelle tue sperimentazioni?
Partiamo dal mare e, al di là del pesce, ci interessa quello che mangiano i pesci. Proprio perché da lì deriva poi il sapore del pesce che mangiamo. Così da qualche mese stiamo studiando e sperimentando il plancton marino. È una materia molto costosa, anche per il tempo e le tecniche di essiccazione. Comunque puntiamo alla base, all’acqua. Hai il mare, da lì si può fare tutto. Partiamo dal concetto di mare, per creare una carta nuova. Abbinando una materia costosissima come il plancton ad altre, magari a una trota locale dal prezzo più basso per cerare una grande piatto. Potranno venire fuori molti accostamenti, dai risotti ai secondi forse qualche dolce.
Quali sono le tue materie prime preferite?
Amo molto il pesce, mi diverte molto cucinarlo. Però mi piace tantissimo la carne di cui sono un divoratore: fiorentine e costate. E sono un appassionato di griglia. Però mi piace di più cucinare il pesce, dà più creatività e ispirazione. E credo conceda più leggerezza anche a chi lo mangia, essendo un piatto più delicato rispetto a quelli a base di carne. Però non ho piatti prioritari su altri. Per me la cucina è cucina e basta: mi piace cucinare, che si tratti di antipasti, primi, secondi o dessert.
Siamo ormai in estate, stagione di grandi grigliate e barbecue all’aperto. Qualche consiglio?
Ho due locali uno a Pordenone e uno a Pasiano e ho creato due format che mi piacciono molto. Uno gourmet e uno di grigliate di carne e pizza. Così i due locali vanno sempre di pari passo. Abbiamo da una parte una sala con ristorante alla carta e menu degustazione, raffinato con cinque tavoli e una ventina di coperti non di più, e dall’altra parte una sala dedicata a pizze, fatte con le nostre farine, e grigliate di carne. Vogliamo creare un tempio dove ciascuno possa sentirsi libero di mangiare ciò che vuole, dal piatto gourmet a base di pesce alla pizza. A me piacciono molto i ristoranti gourmet, ma va dato spazio a tutti e a tutti i gusti. Insomma spazio gourmet che convive con l’altra anima del ristorante che è anche lo spazio dove ci divertiamo, facciamo le feste mangiamo pizza. Poi mi piace molto comunicare, così i clienti magari vengono la prima volta a mangiare un pizza o una grigliata e poi tornano per mangiare il pesce. Ho un menu Easy Fish a 40 euro, nella carta da quattro anni. Poi fatalità e segno del destino, due anni fa è nato Easy Fish qui con Fabrizio Nonis. Ho anche un altro menu degustazione a 60 euro, con dieci portate. Un prezzo ragionevole. Ho la fortuna di esserci io in cucina e cerco di avere pochi dipendenti per poter mantenere prezzi bassi. Lavoro duramente, svegliandomi prestissimo e andando a letto molto tardi. È chiaro che più deleghi, più devi avere tante persone che lavorano con te e questo ha un costo che alla fine paga il cliente.
La tua vision sul futuro?
Tra qualche anno tutto cambierà. Ciò che è ristorazione e stella. Anche le pizzerie potranno essere locali stellati. Per esempio, già propongo la pizza gourmet, con gli stessi ingredienti che utilizzo per i piatti alla carta, come il tonno. Una pizza fatta bene, con farine e lieviti giusti, è a tutti gli effetti un piatto anche da stella. La stella, comunque, è la gente che torna. Ho visto locali stellati chiudere. In definitiva, poi, ciò che conta è mangiare e stare bene. Al di là dei dogmi e di chi ti serve il vino, conta il piatto.
Fantastica Antonia! Fresca di stella
È l’unica donna nel parterre culinario di Easy Fish. Antonia Klugmann, triestina di nascita, con la sua grinta testarda e grande determinazione ha dimostrato di essere una friulana doc e di avere assimilato tutte le peculiarità della gente del Friuli Venezia Giulia. La sua cucina è legata al territorio in cui si trovano i ristoranti in cui lavora e ai ricordi personali legati a materie prime e ingredienti, in una ricerca costante di nuovi accostamenti e sensazioni. A dicembre 2014 ha aperto, il “suo” ristorante: L’Argine di Vencò, a Dolegna del Collio (GO), che dopo quasi un anno ha ricevuto una stella Michelin all’interno della Guida Michelin 2016.
Come hai scoperto l’arte di cui hai fatto un mestiere?
Studiavo giurisprudenza all’Università. Ero anche in un periodo difficile della mia vita. E la cucina era il mio pensiero positivo. Così da lì…
Il momento in cui nascono le tue idee, le fonti di ispirazione, quali sono?
L’ingrediente e la sua bellezza. In qualche modo tutto dà ispirazione. A partire dalla bellezza che ci circonda. Tutti i lavori creativi hanno in comune la non linearità della fonte. Non si sa bene da dove arrivi l’ispirazione. A volte dall’ingrediente puro. Qualche volta da un ricordo o da un’emozione. Cambia sempre.
Hai da poco ricevuto la stella Michelin, qual è il tuo rapporto con questo tipo di riconoscimento?
Le stelle sono una meraviglia. Sono come una macchina favolosa per chi fa il pilota. Ecco, bisogna usarle così. Non sono l’obiettivo, sono un mezzo. Per farsi conoscere.
“Ciao, sono Hiro”: lo chef giapponese con la passione Italia nel sangue
Autore, conduttore e protagonista del programma “Ciao, sono Hiro”, in onda su Gambero Rosso Channel. E uno degli chef protagonisti de La Prova del Cuoco, programma condotto da Antonella Clerici su Rai Uno. Lui è Hirohiko Shoda, detto Hiro, nato a Nara, in Giappone, nell’isola di Honshū. Studia la cucina italiana fin da adolescente; dopo gli studi presso lo Tsuji Culinary Institute, dove si specializza in cucina italiana, europea e internazionale, dai 19 ai 29 anni lavora in Giappone nell’alta ristorazione di cucina italiana come capo chef di numerosi locali, per poi trasferirsi nel 2006 in Italia, dove collabora per otto anni con chef Alajmo de Le Calandre di Padova, ristorante tre stelle Michelin. I suoi piatti sono un viaggio. Una suggestione con radici nella cultura orientale, supportata da studi internazionali e realizzata con ingredienti mediterranei. Il risultato di esperienza e creatività, fusione di tanti ricordi, ispirazioni, viaggi, conoscenze, tanto studio e tanto duro lavoro.
Hiro, com’è nata la tua passione per la cucina?
È la mia passione da sempre. Sono nato a Nara, antica capitale, e sono cresciuto in campagna nella natura. Mia madre preparava sempre i pasti con ingredienti freschi, di stagione. Una cucina semplice, per una gestione familiare. Guardandola ai fornelli, standole alle spalle mentre preparava, mangiando suoi piatti, ho pensato: qui c’è qualcosa in più. C’è qualcosa nel cucinare. E così a 19 anni ho iniziato.
Perché hai scelto fin da subito la cucina italiana?
Negli anni Ottanta nel mondo non c’era ancora tanta informazione sull’Italia, specialmente in Giappone. Erano poche le persone venivano in Italia e quando tornavano raccontavano qualcosa, ma non molto. Così mi ha incuriosito. E ho voluto approfondire. Studiando e assaggiando tanto. Per prima cosa ho mangiato una carbonara e mi è piaciuta molto.
Ora sei in Italia e porti qui un po’ di Giappone?
Sì certo. Mi piace molto la cucina italiana e procedo aggiungendo un tocco della mia cultura, della mia conoscenza e della mia tradizione. Così anche la cucina si arricchisce. Dico sempre che la cucina è uno scambio di cultura. Uno scambio che arricchisce tutte le culture. Questo è il concetto di base che porto nella mia cucina. Far crescere la mia cucina attraverso lo scambio di cultura. Uno scambio che arricchisce tutti.
Italia e Giappone. Ma guardando un altro paese, quale?
Bella domanda! In verità ho lavorato anche Francia, a Parigi in ristoranti tre stelle. E mi piace molto la cucina francese. Però anche quella asiatica, centro orientale, sudamericana, africana. Viaggiando e guardando ogni Paese, forse si trova qualcosa in più per la cucina del futuro.
Come ti definiresti, in un aggettivo, per esempio estroverso, disponibile, simpatico, dinamico?
Semplice, essenziale.
Emanuele Scarello: le due stelle del Friuli Venezia Giulia
Gestisce il ristorante Agli Amici insieme alla sorella Michela, con papà Tito in sala, sostenuto, in cucina, dalla madre Yvonne. Nelle sue mani, ingredienti e materia prima si trasformano in piatti in cui sapore ed essenzialità vanno di pari passo con creatività e accostamenti sorprendenti. Una storia che attraversa i secoli, quella del ristorante Agli Amici, a Godia (UD) e che fa di Emanuele Scarello l’erede e il migliore interprete di una tradizione familiare che affonda le sue radici nel lontano 1887. Scarello, membro dei Jeunes Restaurateurs d’Europe dal 1999, e di cui è stato anche Presidente italiano dal 2009 al 2012, ha saputo trasformare l’osteria di paese in un luogo che ha conquistato premi e riconoscimenti: nel 2000 arriva la prima stella Michelin, mantenuta fino al 2013 quando arriva la seconda. Due stelle che ancora lo accompagnano. Unico con questo curriculum in Friuli Venezia Giulia. Da qualche mese ha aperto anche Gnocchi Kitchen Bar, a Godia (UD), sempre nel segno della tradizione friulana. E una grande passione per il mare e per la barca. Momento di grande relax, pace assoluta e impagabile. Per buttare fuori le tossine che si accumulano in settimana.
La tua novità è Gnocchi Kitchen Bar. Com’è nato?
Abbiamo voluto ridare al paese quello che gli avevamo tolto. Negli anni avevamo tolto uno spazio dove magiare una fetta di prosciutto, un pezzo di pane, un po’ di formaggio o di salame. Eravamo sempre più concentrati sul ristorante, perdendo l’attenzione verso quel tipo di spazio. Oggi abbiamo una maturità tale che abbiamo voluto riportare al centro del villaggio quello da cui siamo nati: l’osteria. Un’osteria contemporanea, diversa, dove serviamo quei piatti da cui siamo partiti e che ci hanno fatto crescere. Piatti della tradizione, presentati in una nuova veste. Che oggi con grande orgoglio voglio riproporre.
Per esempio?
Uno gnocco fatto con il ragù, un maltagliato al coniglio. Un pollo fatto con gli asparagi. Piatti di gusto.
Tutto in vasetto monoporzione?
Sì lavoriamo tutto in vaso cottura, perché questa è una tecnica che mi permette di controllare il vasetto. E quello che mangerà l’ospite del mio bistrot. Una tecnica che mi permette di controllare tutto. È quello che mi piace e che voglio.
Il rapporto tra ristorante e bistrot?
Nella mia cucina non c’è serie A o serie B. C’è Gnocchi o Agli amici. Ma io sono lo chef di entrambi i posti.
Francesca Vespignani
fra.vespignani@agengaviaggi.com