
Corrado Accordino porta in scena il suo nuovo spettacolo “Chi ha il cervello lo usi”
Cosa c’entra un gorilla sulla locandina dell’ultimo lavoro di Corrado Accordino? Il gorilla è il primate più protettivo di tutti: impossibile che lui o un altro del branco vengano attaccati senza che gli altri li difendano. È il sentimento che fa da sfondo alla storia di due fratelli, raccontata attraverso alcuni frammenti di vita interpretati con grande abilità da Corrado Accordino e Daniele Ornatelli. In scena dal 23 al 26 marzo, al Teatro Binario 7 di Monza
Monza. Italia
Netflix lo definirebbe dolceamaro. Come la vita, mi verrebbe da dire, se non suonasse troppo retorico.
Una nuova produzione
La nuova produzione del Teatro Binario 7 di Monza, Chi ha il cervello lo usi, di Corrado Accordino, sul palco insieme a Daniele Ornatelli, è una riuscitissima trasposizione teatrale del rapporto lungo una vita di due fratelli (con un padre anziano sullo sfondo, sul finire). Come nello stile di Accordino la scena è scarna e la scrittura curatissima: danno vita alla storia i monologhi dei due personaggi, che talvolta scorrono paralleli, talvolta si accavallano, e i loro dialoghi. Con inserimenti musicali assolutamente perfetti.
Strano a dirsi i due istrioni sono credibili nei panni di due bambini, e poi due adolescenti, due giovani adulti, due uomini maturi. In scena prende forma la stanza d’ospedale in cui il figlio maggiore, 6 anni, va a conoscere il fratellino, la mamma sorridente nel letto: la prima volta che lo vede, la prima volta che si sente dire “dovrai proteggerlo!”. È palpabile il disagio e lo smarrimento del figlio minore di 7 anni, che rimane in casa da solo e viene preso in giro dal fratello che gli fa un agguato con i suoi amici chiamandolo “piscialletto”. E via via lungo tutta la vita. La prima sigaretta, il primo amore, la laurea, il lavoro, il successo (e l’insuccesso), il decadimento fisico del padre anziano. Sullo sfondo sempre i genitori, che ci immaginiamo sorridenti solo nella prima scena, poi sempre litigiosi, a seminare nei figli un senso di precarietà.
L’uno, il maggiore, spavaldo – ostenta sicurezza per tutti e due – che farà soldi e carriera; l’altro, sensibile, in contatto con la parte smarrita di sé, poetica e inquieta, che rischierà la vita con una siringa piantata nel braccio e deciderà di accudire il genitore, a discapito della propria relazione sentimentale, per non avere rimpianti.
Un gioco di rimandi
Un gioco sempre di rimandi, di tempo passato insieme, divertimento e dispetti, insegnamenti e rivalse. Emergono in tutte le loro sfaccettature i chiaroscuri di una relazione che accompagnerà i due fratelli per tutta la vita, quella telefonata a cui non si è risposto, quella scelta tenuta nascosta, quel ritrovarsi dolceamaro quando la gioventù è passata e il momento dei grandi progetti è sfumato. Uno scavo psicologico notevole e una drammaturgia ironica e intelligente, che andrebbe rivista per cogliere ogni volta un strato diverso di significato.
“Siamo gorilla”, diceva sempre loro il padre: ci proteggiamo a vicenda. Ed è così, inevitabilmente: più o meno affiatati, il filo sottile che lega due fratelli, che lega le famiglie non si spezza mai.
Accordino e Ornatelli si fermeranno a chiacchierare con gli spettatori (soltanto, purtroppo) dopo l’ultima replica nel pomeriggio di domenica.