
Filo rosso della grande esposizione in mostra fino al 21 luglio 2019 al Mac di Lissone il rapporto con la materia, intesa come materiali, ma anche come superamento di essi ed intesa come natura, quella esterna ma anche quella interna. Un percorso che conduce a Luca Serra con le opere, Mentre nessuno guarda, per giungere a Luca Moscariello nelle sue Minime dinamiche di mimetizzazione. Al primo piano la mostra propone Hocus Pocus, opere di quattro artisti, Vincent Beaurin, Oren Pinhassi, Felix Schramm e Marco Tirelli. Infine all’ultimo piano, l’esposizione di Andrea Fogli, Effemeridi del Giardino. Accanto a Fogli espone le sue opera/ricamo anche Elizabeta Tzvetkova, che abbiamo intervistato. La sua mostra, dedicata agli ultimi di ogni tempo e latitudine, si intitola Ama, Prega, Ricama.

Lisssone (MB), Italia.
Sono immagini senza tempo e senza geografia. Personaggi staccati dallo sfondo, emergono dal tessuto, intenti nel loro viaggio; camminano o stanno. I volti concentrati nel loro impegno.
La sensibilità dell’artista bulgara Elizabeta Tzvetkova si esprime con una forma d’arte non convenzionale, il ricamo. La piccola mostra, intitolata Ama, Prega, Ricama, inaugurata sabato 4 maggio, al Museo di Arte Contemporanea di Lissone, insieme alle esposizioni degli artisti Luca Serra, Luca Moscariello, Vincent Beaurin, Oren Pinhassi, Felix Schramm, Marco Tirelli e Andrea Fogli, è visitabile fino al 21 luglio.
Il ricamo accompagna l’artista, che da molti anni vive a Monza, fin dal 2004, quando, conclusa l’Accademia di Brera, sperimentò vari linguaggi: la pittura, la grafica, il design per tessuti e scelse, infine, il ricamo quale forma privilegiata di espressione di sè. “Il ricamo non sta alle regole – spiega Tzvetkova – Con il ricamo posso raccontare le mie storie senza pretendere di trovare una forma espressiva che venga riconosciuta dai critici. È un modo per tradurre i miei penseri in immagini, senza che ciò diventi nulla di esageratamente intellettuale”.

L’umiltà dell’artista si trasferisce nelle opere esposte al Mac, che silenziosamente parlano e commuovono. La potenza espressiva del ricamo è intensa quanto inaspettata. Comunicano con il visitatore soltanto gli esseri umani ritratti, con il loro bagaglio fisico e morale, essenziali, senza sfondi riconoscibili. Il lento imprimersi dei fili colorati sulla stoffa grezza è stata la preghiera di Elizabeta: “È un lavoro davvero molto lungo. Queste opere partono da ritagli di giornali e di riviste, da foto che mi avevano colpita, che accompagnavano le notizie terribili dei viaggi di tanti persone, di tanti popoli diversi, che scappano dalla guerra o da situazioni di estrema povertà e precarietà, per andare incontro alla speranza. Ho ingradito le foto e le ho trasferite sul tessuto. È stato un modo per esorcizzare l’angoscia che sentivo su queste persone, che sono molte di più di quelle che vivono in tranquillità. Non voglio traumatizzare, scioccare, ma espimere il mio messaggio in modo mite e pacifico, direi quasi, dolce. Ricamandoli ho meditato molto, ho pregato per loro”. Ecco allora che la mamma di Mosul, del 2018, che stringe la sua bambina a sè con fare protettivo, diventa una mamma universale, senza collocazione storica, geografica, sociale, una Madonna. I profughi in cammino di Mexico migrants, del 2019 e quelli di Verso l’Europa, del 2018, potrebbero provenire e recarsi in qualsiasi paese. E così via. “Queste opera rappresentano il tragitto fatto dall’umanità, è un tragitto che tocca tutti noi. È un esodo” conclude l’artista.
Museo di Arte Contemporanea
Info:
Orari mostra:
mercoledì e venerdì, 10 – 13
giovedì, 16-23
sabato e domenica, 10-12 / 15-19