Monza, Italia.
Come truffare il prossimo e vivere felici. Sul palcoscenico del Teatro Binario di Monza sabato 10 e domenica 11 gennaio 2015 va in scena lo spettacolo di Paolo Hendel / Carcarlo Pravettoni , l’industriale “cinico e baro” che sceglie la Brianza felix per l’avvio del tour 2015 (il monologo, musiche di Ranieri Sessa, è già stato in cartellone a Firenze e girerà tra Emilia e Toscana fino a marzo per poi calcare i palchi delle città maggiori la prossima stagione).
Certo che a rileggere i fatti di cronaca più recenti viene da pensare che il testo Paolo Hendel lo abbia scritto, se non ieri, nei giorni scorsi. E invece rappresenta, parole dello stesso Hendel, la summa del pensiero dell’imprenditore, farneticazioni da non seguire ma che, seppure in chiave comica, estremizzano – e neanche tanto – il ritratto attuale dell’Italia.
Pravettoni dice basta con la questione morale frequentemente agitata: la mazzetta è un (o il?) pilastro della società e dell’economia.
Ma Carcarlo non è una invenzione “dei giorni nostri” di Hendel: è figlio di Mai dire gol, della Gialappa’s, di Walter Fontana. Siamo nella seconda metà degli anni Novanta e Pravettoni incarna l’imprenditore convinto che con i soldi si possa fare/comprare tutto (ogni riferimento alle discese in campo dell’epoca è puramente casuale…). Oggi mantiene questa weltanschauung di massima onnipotenza capitalistica a cui affianca riflessioni sulla attività politica corrente. E la rovescia Pravettoni, ne ribalta il senso. Non tralascia una sua analisi ed interpretazione del Jobs Act con l’introduzione del contratto di lavoro flash back (assunto oggi, licenziato ieri) ed il salario facoltativo (erogato a totale discrezione del datore di lavoro e per questo un “gesto d’amore”). Guarda a Renzi (che potrebbe essere suo figlio ma signorilmente non ne cita la madre…) e vede se stesso come il trait d’union tra Renzi e Berlusconi, le cui foto troneggiano sulla sua scrivania. E che sia stata di Carcarlo, azzarda Hendel, la manina sconosciuta che ha introdotto la norma del 3% che potrebbe far risorgere il Cavaliere…?
Anche a Monza, precisa Paolo Hendel, Carcarlo Pravettoni nel suo monologo iniziale si candiderà a sindaco. Lo fa ovunque. Convinto di potersi insediare senza votazioni (la democrazia è abbastanza inutile, chiosa); di dire basta alle strutture antiquate e desuete che sono i monumenti storici per far posto alle colate di cemento dei centri commerciali. L’ambiente poco gli importa; del resto è leader della lista civica Asfalto che ride (ovvero l’ecologico Sole che ride ingoiato da una betoniera).
L’attività teatrale (nella quale passa un 10% a dir tanto di quanto è scritto nel libro, confessa l’autore) non è la sola nella quale brilla la vena comica di Hendel.
Sul piccolo schermo prosegue il sodalizio con Gianluigi Paragone : dopo L’Ultima Parola, Carcarlo Pravettoni ha traslocato alla Gabbia che conclude con il suo intervento. Una parentesi che impenna lo share (come la lira al tempo del primo Pravettoni…)? Hendel riconosce che lo studio delle percentuali e delle curve è un comportamento diffuso nel mondo della tv ma non gli appartiene: “guardo se quel che ho fatto mi piace o no. E in genere sento che devo affinare qualcosa”.
Superati i 60 anni (siamo fuori dalla generazione Y e/o dai nativi digitali), Hendel diventa anche protagonista in rete con il Cinegiornale dell’Era Renzi, un reportage in bianco e nero stile Istituto Luce che circola solo sul web. Esercizio estemporaneo di satira virale? Macchè! Questi giornali nascono da una precisa richiesta di un grande sindacato che ha deciso di muoversi sul terreno della autoironia. Quale? La Cgil, anzi la Confederazione Italiana Gufi e Lavativi.
Salutando Paolo Hendel non si può non chiedergli che cosa è rimasto di Pippo il meccanico de Il Ciclone (1996) che “gli dava di sifonella”. La prima risposta politically correct è che “ogni volta è una scommessa” ma poi non trattiene la risata: “Nel Ciclone ci si divertì molto durante tutto il tempo delle riprese con battute inventate lì per lì”. Che Levante, pardon Pieraccioni, fece sue. Ed ebbe ragione…
A cura di Effevi
effevi@agendaviaggi.com
Foto di A. Botticelli