Trentino, Italia.
La Prima guerra mondiale ha lasciato profondi segni nel territorio trentino tanto che oggi, a distanza di un secolo, è ancora molto radicata la memoria dei drammatici eventi del conflitto.
Per ricordare i 100 anni dall’inizio della Grande Guerra sono tante le iniziative per andare alla scoperta del territorio in cui si sono scontrati il Regno d’Italia e l’Impero Austro-Ungarico ridisegnando confini ed equilibri in tutta Europa.
Un viaggio che può essere affrontato in molti modi: con gli scarponcini da trekking sui sentieri, nei musei nelle città simbolo Rovereto e Trento o seguendo gli eventi e le rassegne che ci trasportano in un conflitto che nessuno sembrava volere, ma che nella realtà si stava preparando da molto tempo.
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Forte Bozzacchio: lo stadio evoluto dell’ingegneria militare
Segno tangibile di questa lunga preparazione sono gli 80 forti disseminati nel Trentino e che sono stati in questi anni oggetto di un restauro scrupoloso.
Uno di questi è Forte Pozzacchio, una struttura nei pressi del Monte Pasubio scavata nella roccia in Vallarsa. Il Forte, testimonianza dello stadio più evoluto dell’ingegneria militare austro-ungarica anche se mai terminato, è stato recuperato e aperto al pubblico grazie a un progetto architettonico che mette il risalto la sua incompiutezza.
Forte Belvedere: la vita quotidiana dei militari
A Forte Belvedere-Gschweint ci si immerge nella vita quotidiana dei militari anche grazie alle istallazioni multimediali interattive. Ma non lasciatevi ingannare dal suo nome poetico: la struttura ha resistito a bombardamenti senza sosta, mentre al suo interno, nella roccia della montagna di Lavarone, i soldati pativano l’umidità e il freddo, nell’angoscia di un’attesa infinita e assediati da rumore e aria irrespirabile, ma tutto sommato relativamente al sicuro.
Diverso era il destino per chi si trovava nelle trincee della Val di Gresta, presso Nagià Grom, dove con una passeggiata di un paio d’ore si visitano fortificazioni e depositi utilizzati dalle truppe durante il conflitto.
Il luogo è tra i più suggestivi del Sentiero della Pace, 500 km dallo Stelvio alla Marmolada, in cui scoprire come la montagna sia diventata lo scenario insolito della guerra.
Per una cultura di pace tra i popoli
Da fronte a difesa dei confini a sentiero di convivenza tra i popoli, in Trentino le proposte dell’estate non possono che passare per il tanti eventi all’insegna della costruzione della pace.
Un significato particolare ha quest’anno la sezione di Dolomiti di Pace, inserita nella manifestazione I Suoni delle Dolomiti, giunta alla 20esima edizione.
Dopo l’evento di apertura in cui Mario Brunello e il Signum Saxophone Quartet hanno accompagnato il pubblico sul monte Pasubio, sono protagonisti della manifestazione Youssou N’Dour, Paolo Fresu, Daniele di Bonaventura e Paolo Rumiz e Giuseppe Cederna, che leggerà memorie, poesie, lettere dal fronte della Grande Guerra nei luoghi simbolo del conflitto.
Rovereto e Trento, città simbolo della guerra, dedicano molti eventi alla Prima guerra mondiale. A Rovereto ogni sera alle 21 la Campana dei Caduti Maria Dolens , realizzata nel 1925 col bronzo dei cannoni delle nazioni partecipanti al Primo conflitto mondiale, commemora i caduti di tutte le guerre e invoca pace e fratellanza tra i popoli con i suoi cento rintocchi.
Per non dimenticare
Al Museo Storico Italiano della Guerra di Rovereto si scopre la realtà del conflitto, attraverso cimeli, divise, lettere, un aeroplano e una ricca collezione di materiale propagandistico.
Dal 28 luglio alle Gallerie di Trento si tiene la rassegna cinematografica “La Grande Guerra sul grande Schermo”, oltre a una interessante mostra sul conflitto.
La città è sede del Museo Nazionale Storico degli Alpini, con annesso mausoleo di Cesare Battisti, mentre il Mart inaugura il 4 ottobre la mostra “La guerra che verrà non è la prima”. L’esposizione, il cui titolo riprende una celebre poesia di Bertold Brecht, si propone di mostrare come la Grande Guerra abbia fatto esplodere un mondo carico di tensioni influenzando ogni aspetto della cultura e della società.
Eloisa Rindi